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«La Juve ha evitato la C grazie alla sua storia»

Gian Piero Scevola

Sono 117 le pagine scritte dalla Corte Federale con le motivazioni di quello che è stato ritenuto un autentico «colpo di spugna» rispetto alle pesanti sentenze pronunciate dalla Caf nei confronti dei deferiti . Un’accurata analisi, in quello che «non era un sistema, ma una serie di reticoli all’interno di un’atmosfera inquinata» è stata fatta dal presidente Piero Sandulli e dagli altri quattro membri della Corte, che hanno ripercorso l’iter processuale, partendo dalle decisioni della Caf e passando attraverso i ricorsi delle parti e le ordinanze che la stessa Corte ha dovuto emettere nei quattro giorni di dibattimento. Smontate le eccezioni sulla nomina dei componenti della Caf; respinte quelle dei fratelli Della Valle in merito alla loro posizione societaria; ritenuta valida la giurisdizione nei confronti di Moggi, dimissionario dalla Juventus; confermata la legittimità della riduzione dei termini di appello voluti dal Commissario Rossi; ribadita la vis actractiva che ha portato i procedimenti davanti a Caf e Corte federale, il supremo organo giudicante calcistico ha anche voluto rimarcare la legittima utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche.
Salvo poi dare anche un parere etico su tutta la vicenda: «L’estensione dell’area dei soggetti deferiti...porta ad affermare che il presente giudizio ha investito nel loro complesso il sistema calcistico nazionale e la sua struttura, scuotendone le fondamenta e sorprendendo la pubblica fiducia». E infine per segnalare «la necessità di radicali interventi di riforma dell’ordinamento federale» e della materia che riguarda l’illecito sportivo e il funzionamento degli organi collegiali di giustizia sportiva.
JUVE «SALVATA»

DALLA STORIA
«La Juventus ha una storia sportiva importante e prestigiosa. Inoltre, ha contribuito sempre ai successi della nazionale. Infine, ha provveduto a rimuovere i dirigenti coinvolti direttamente nello scandalo delle intercettazioni». Per questi motivi la Corte federale ha ritenuto di non calcare la mano sui bianconeri, togliendogli solo due scudetti e retrocedendola in B con 17 punti di penalizzazione (e non i 30 dati dalla Caf). Pena «congrua» dunque, «resa esplicita in primo grado dal difensore della società». Quanto a Moggi e Giraudo, sempre a braccetto nelle motivazioni, nessuna pietà. Per Moggi in particolare «gravi episodi di illecito sportivo», protratti nel tempo e tendenti al condizionamento della classe arbitrale, oltre «all’illecito disegno che ha incrinato la pubblica fiducia nella lealtà delle competizioni sportive». Evidenziata anche «natura, intensità, ambiguità e non trasparenza dei loro rapporti coi designatori Pairetto e Bergamo», con cene, incontri, colloqui telefonici su utenze riservate, acquisto di auto Fiat e regali a non finire. Oltre alle insistite interferenze di Moggi sulla composizione delle griglie arbitrali e sulla carriera dei fischietti. Senza dimenticare il «sequestro» di Paparesta in Reggina-Juve e tutto quanto ne è derivato con le telefonate dello stesso Paparesta e di Lanese.
LOTITO AIUTA CARRARO
L’assenza del coinvolgimento degli arbitri nelle tre gare per le quali il presidente Claudio Lotito si era raccomandato a Bergamo e Carraro; la mancanza di effetti concreti sui risultati di quelle partite; la testimonianza di Tombolini, arbitro di Lazio-Brescia, che ha smentito di aver subito pressioni da Bergamo, sono i punti fondamentali che hanno riportato la Lazio in A: nessun illecito, quindi nessuna retrocessione in B, perché «non è logicamente concepibile un articolato disegno illecito in cui manchi del tutto la partecipazione arbitrale ad esso... quindi illecito monco, sin dall’origine, del suo essenziale segmento conclusivo». E si salva anche Franco Carraro: la telefonata a Bergamo, prima della partita «non possiede l’attitudine ad alterare il risultato della gara Lazio-Brescia». In sostanza, quella di Carraro, in qualità di presidente Figc, era una telefonata istituzionale, con la diffida come pena «quale monito ad attenersi per il futuro a una più oculata osservanza dei doveri deontologici».
VIOLA, NESSUN
ILLECITO
La Corte spiega in 7 punti la mancata retrocessione della Fiorentina: non c’era «illecita volontà egemonica della società e dei suoi dirigenti»; il patron Diego Della Valle «non poté sottrarsi all’instaurazione di un rapporto diretto con Bergamo». Non c’è «prova che esistesse consuetudine di suoi rapporti con i designatori tale da influenzare le designazioni e i risultati» pro viola. La Fiorentina si è mossa solo nella parte finale del 2004-05, in particolare «nell’ultimo mese». La gara Lecce-Parma non risulta manipolata a vantaggio dei toscani; Diego Della Valle fu costretto a rivolgersi a Moggi, per sfiducia negli organi federali e perché tenuto «sotto schiaffo». Ultimo punto: «La Fiorentina è stata dichiarata colpevole di responsabilità oggettiva (Della Valle, presunta (Mazzini) e non diretta e, in una graduatoria delle società deferite non può che collocarsi alle spalle della Juventus, ma a debita distanza». Quanto all’arbitro Massimo De Santis, sanzione ridotta sì, perché nei confronti del programma illecito ideato da Mazzini e Bergamo «vale la presunzione che egli versasse in una condizione di sottomissione psicologica».
«GALLIANI CRITICABILE MA NON PENETRANTE»
L’intervento di Galliani è stato «criticabile, ma di consistenza non particolarmente penetrante», ma da lui non sono state «date disposizioni o direttive volte a perseguire ingiusti o non consentiti trattamenti». «È da rimproverare l’intervento di Meani, che è dipendente Milan, sia pure in posizione non di vertice».

Non c’è però illecito sportivo e «può ritenersi congrua una sanzione più contenuta rispetto a quella della Caf».

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