Torino Ammesso che ancora qualcuno credesse davvero alla possibilità che la Juve si qualificasse per la Champions League, da ieri si è tolto definitivamente il pensiero: pareggiando 1-1 a Catania e prendendo atto delle contemporanee vittorie di Sampdoria e Palermo, i bianconeri danno per quest'anno l'addio all'Europa che conta. Dal canto loro i siciliani festeggiano una salvezza che, prima dell'arrivo di Mihajlovic in panchina, pareva impresa impossibile da centrare. Siccome poi per la Juve la via crucis pare non volere finire mai, ecco che la vittoria del Napoli contro il Chievo fa precipitare la banda di Zaccheroni al settimo posto in classifica: se nei prossimi 180' (contro il Parma in casa e a Milano contro il Milan) i bianconeri non recupereranno almeno una posizione, saranno costretti a giocare i preliminari di Europa League. Il che non è un dettaglio: nell'anno dei Mondiali, disputare la prima partita ufficiale il 29 luglio (ritorno il 5 agosto) avrebbe tanto il sapore dell'olio di ricino da mandare giù per forza di cose.
Insomma: per la Juve non c'è mai pace, anche se la settimana ha portato in dote la presidenza di Andrea Agnelli e ridestato nel popolo entusiasmi sopiti da tempo. Il problema è mandare in archivio la stagione attuale, che pare non volere finire mai regalando solo e soltanto delusioni. Ieri, nella calura siciliana, la Juve ha raccattato un punticino dopo quattro ko consecutivi in trasferta: ha inseguito, la Signora, passata in svantaggio dopo una zampata sotto rete di Silvestre (che nel primo tempo, sulle azioni da fermo, veniva dimenticato spesso e volentieri) e che, per rimettere in equilibrio il match, doveva aspettare la ripresa e il sinistro vincente di Marchisio, anche ieri tra i migliori dei suoi. Nel frattempo, Zaccheroni aveva sostituito Del Piero (ipnotizzato due volte da Andujar in 45': la prima ancora sullo 0-0, la seconda con il Catania già in vantaggio) con il solito impresentabile Amauri: d'accordo che in tribuna c'era Narciso Pezzotti, braccio destro di Lippi, però ai più è parso un cambio autolesionistico.
In ogni caso, nonostante la zavorra del proprio numero 11, la Juve raggiungeva il pareggio e poi provava a fare sua la partita: alla fine era però Buffon a diventare protagonista negando a Maxi Lopez la gioia del gol. «Sarebbe stata una beffa, perché la partita l'abbiamo fatta noi - ha dichiarato alla fine Zaccheroni - su un campo dove hanno perso tante grandi squadre, Inter compresa». Resta il verdetto: Juve fuori dalla lotta per il quarto posto con due giornate di anticipo e con l'angoscia di dovere iniziare prestissimo la stagione che verrà. «Ce la siamo cercata», ha poi ammesso sinceramente Marchisio, di gran lunga il più lucido dei centrocampisti: a proposito di questi ultimi, ieri il solito Felipe Melo ha trovato modo di mandare apertamente a quel paese Zaccheroni dopo che questi aveva osato rimproverarlo. «Cosa servirà alla prossima Juve? Io ho un contratto fino al 30 giugno e, se non mi interpellano, certo non posso dare indicazioni - ha buttato lì Zac -. In linea generale, posso dire che bisogna identificare dei punti fermi e poi prendere giocatori che si integrino al meglio con chi già c'è: fare rivoluzioni non è necessario, almeno secondo me».
Problemi che riguarderanno quasi certamente Rafa Benitez, uscito ieri allo scoperto dopo che il suo Liverpool era stato battuto dal Chelsea: «L'anno scorso avevo deciso di prolungare il mio contratto (fino al 2014, ndr) perché la squadra era buona e perché mi avevano assicurato che ci sarebbero stati soldi da investire - ha dichiarato lo spagnolo -. Le condizioni sono poi cambiate e mi ricordano quanto già successo ai tempi del Valencia».
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