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La Juve presenta il conto quattro gol e primo posto

Prova generale per l’esordio di Champions a Bruges: Empoli travolto, doppietta di Trezeguet

Paolo Marchi

nostro inviato a Empoli

Stesso stadio per Empoli e Juve, ma è in pratica la sola cosa che hanno dimostrato di avere in comune. E non per il tasso di classe, scontatamente a favore dei bianconeri, ma per l’incapacità iniziale dei toscani, al debutto casalingo, di correre, muoversi, scambiarsi di posizione, ma anche scambiarsi palloni, idee. Le due squadre hanno viaggiato su piani diversi. Riganò, ad esempio, sembrava ancora in sala parto (di nuovo papà sabato), la difesa che mai chiudeva o andava a tempo con il centrocampo e nemmeno aggressiva in pressing contro la Juve. Se non aggredisci i campioni a inizio stagione, quando?
Non che i bianconeri avessero la testa in Europa, tutt’altro, ma certe scelte, vedi ad esempio Zebina rimasto a casa, sono state operate in chiave di trasferta a Bruges, con Pessotto a destra per un tempo e Balzaretti per il secondo. E con Thuram ko, ecco Kovac in coppia centrale con Cannavaro, una difesa che si è concessa un certo relax attorno alla mezz’ora, quando i tre punti erano già in cassaforte.
Un incontro partito lento, quasi in un’atmosfera strana, con molti increduli a vedere che l’Empoli era come pietrificato dopo che Somma aveva optato per tre offensivi alle spalle di Riganò toro centrale e pure Almiron pronto a dare un aiuto. Ci si attendeva un avvio sprint, un pressing continuo. Nulla di tutto questo. L’Empoli ha fatto il mimo, figura capace di dare l’idea del movimento senza mai spostarsi dallo stesso punto. E la Juve lo ha capito ben presto, ispirata a centrocampo da Emerson e trascinata in avanti da Ibrahimovic, leggero come un ballerino nonostante l’altezza. La coppia titolare di attaccanti la formano loro. Tutti gli altri, Mutu e Zalayeta (dentro a metà ripresa), Del Piero acciaccato a Torino, vengono in scia e quando giocheranno da subito sarà per turn over, infortunio o scarsa importanza del match. Ibra maestoso. Gli è mancato il gol, che però non va inteso come peccato mortale. Lo svedese, per una volta, ha giocato prima per gli altri e solo a vittoria certo ha pensato di soddisfare se stesso. Nella doppietta di Trezeguet c’è lui a compiere la prima mossa, quasi non abbia fretta di scalare la classifica cannonieri. Al 10’ tocco filtrante per il francese che superava Berti con un rasoterra. Quattro minuti dopo costringeva Ficini al placcaggio e dalla punizione nasceva l’angolo per il 2-0 di Vieira (Nedved dalla bandierina). Trovato il 3-0 da Camoranesi (Coda deviava a beffare il suo portiere), la partita terminava lì nonostante Somma dirà che la sua squadra ha creato quattro palle gol. In effetti, Juve distratta verso la mezz’ora (Vannucchi e Riganò non ne approfitteranno, ma non sono certo quasi-gol), Capello che esplode e richiama i suoi, Ibrahimovic che torna a giganteggiare, muovendosi tra bravura e sfortuna come al 5’ st, Lodi che salva sulla linea e oltre, al 14’, il pallonetto vincente di Trezeguet che forse poteva appoggiargli il pallone ma che invece certa il gioco di prestigio, trovandolo.


Poi i cambi, Mutu per lo svedese, poi Zalayeta per il francese, Berti che si esalta e la certezza che pure questa Juve, come quella della passata stagione, metabolizza, rumina, affronta guai e interrogativi in settimana ma quando poi scende in campo si cementifica e sono dolori.

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