L’aria è cambiata. I miracoli della Juve si ripetono: segna pure Candreva, l’arbitro non le regala rigori, Camoranesi ricompare in campo, Buffon dormicchia ma la buona stella veglia, Del Piero non sbaglia più partita, Diego segna gol e prende un palo facendo tirare un minimo sospiro a chi si è svenato per portarlo a Torino. Vince la Juve della triade qualità e fantasia: Del Piero-Diego-Candreva. Quaranta giorni fa sarebbe stata tutt’altra storia.
La Juve torna ad affacciarsi alla zona Champions ed è la seconda buona notizia. La prima dice che conta la terza vittoria di fila, non capitava da fine ottobre, quattro mesi esatti (Maccabi, Siena, Sampdoria). La terza (non buona) notizia è che alla Juve non manca mai il senso del thrilling: fa parte del suo Dna e probabilmente l’accompagnerà fino al termine della stagione. Vedere ieri per capire: segna e rischia il raddoppio (palo) con Diego, ma si fa raggiungere. Rischia di prendere un secondo gol (palo di Gimenez) e ci vuole una serenata calcistica (ghiribizzo alla Cassano) di Del Piero per mandare Candreva in rete. Scopre che Buffon ha qualche senso d’impotenza, ma ritrova tutto il suo appeal con il pallone quando se lo trova fra le braccia davanti all’ultimo tentativo del Bologna (colpo di testa di Portanova) e all’ultima divagazione difensiva bianconera.
Juve come prima, ma non più di prima. È tornata a giocare, non smette di soffrire. Subisce reti, però riesce a reagire. «Tutto serve per il morale», ammette Zaccheroni. Quasi impossibile chiederle di non prendere gol: vedere in panchina Cannavaro e Grosso è il segnale di alcune scelte. Poi Chiellini tiene sempre in piedi tutti, Legrottaglie alterna momenti da brivido a momenti da muro. Marchisio è una sferzata d’energia per il centrocampo, ma durato solo un tempo. Felipe Melo pare non capisca nemmeno gli ordini del tecnico: non è stato il solito fantasma sbadatello, ha segnato perfino un gol, ma in fuorigioco. De Ceglie è una forza della natura, che sbaglia tanto in difesa. Sissoko è fra color che sono sospesi.
Sta tornando ad essere la Juve di Del Piero: il capitano ha ritrovato forza fisica e capacità d’incidere. Sembra di rivederlo nel periodo di grazia (durato solo due mesi) della scorsa stagione. Però c’è qualcosa che ancora non quadra: Del Piero gioca e Diego sembra intimidito. Ieri il brasiliano si è infilato subito nella difesa del Bologna ed ha regalato il buon pomeriggio: due tiri, uno sul palo, la ribattuta in rete. Un altro guizzo per stordire Viviano «mani di burro» e spedire un altro pallone sul palo. Squilli di vita, poi tramutati in litania calcistica noiosetta: lui uno del coro e Del Piero a prendersi la parte del maestro. Saranno sensazioni, un déjà vu che non ha mai portato buon vento alla Juve. Anche se il capitano pare consapevole di avere qualche macchia. In tanti lo abbiamo detto sul viale del tramonto (ineluttabile), allora prova a scherzarci. «Ero finito a metà, poi si sono ritrovati i pezzi qualche tempo fa, per fortuna». Fisico e infortunio hanno pesato. «Ma siamo cresciuti tutti a livello globale».
La partita si è giocata in tre-quattro atti: Juve brillante e pimpante per 20 minuti, poi schiacciata dal Bologna (occasione buttata da Guana, palo di Adailton). Ripresa di sofferenza immediata: Buscè sbuca in area, De Ceglie lo lascia, Buffon impotente e primo gol nel Bologna. Rischio di imbarcata, sbandate di Chiellini e Legrottaglie fino al duetto Del Piero-Candreva pronto a segnare il primo gol in bianconero. Poi finale da cuore in gola. Detta così non si intravvedono i 13 punti di differenza in classifica fra Juve e Bologna.
Con i risultati, è tornato il pepe della polemica. Mourinho ha messo troppo naso negli affari juventini perché Zac non si legasse al dito qualcosa. L’affaire arbitri deve averlo impensierito. Quello dice: «Solo la Juve ha un’area da 25 metri». E lui risponde: «Faccio i complimenti alla terna arbitrale.
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