Torino - Sotto gli occhi di Michel Platini, oggi presidente Uefa e in passato bianconero capace di vincere tre Palloni d'Oro, oltre a tutti i trofei possibili e immaginabili, la Juventus non è riuscita a battere i campioni d'Austria del Salisburgo: 0-0, quarto pareggio consecutivo in Europa e qualificazione al turno successivo che passerà per forza di cose da due vittorie da ottenere contro il Lech Poznan (vincitore ieri 3-1 sul Manchester City) e la banda di Mancini. Serata moscia in tutto e per tutto, senza nemmeno l'esordio di Boniperti junior a scaldare l'ambiente. Non ha funzionato praticamente nulla in casa Juve, pur se non mancano le attenuanti: va però anche detto che i soli due punti conquistati dagli austriaci in Europa sono arrivati affrontando i bianconeri, il che certo non depone a favore di Del Piero e compagni.
Vero che la dozzina abbondante di assenti non poteva non penalizzare la manovra della truppa di Del Neri, però davvero il primo tempo era a dir poco soporifero. Quasi si rimpiangeva l'assenza dei tifosi del Toro, annunciati allo stadio per tifare Salisburgo e convincere la Red Bull - proprietaria della società austriaca - ad acquistare la società granata e invece malinconicamente assenti. Forse perché loro per primi sono stufi di dare credito a voci più o meno infondate, oltre a non volere versare qualche euro nella casse degli odiati cugini. Così, in un Olimpico semivuoto, il massimo brivido dei primi quarantacinque minuti lo provocava il solito idiota che faceva esplodere un petardo in curva Sud: manco quello però svegliava la Juve, priva di personalità in mezzo al campo dove il baby Giandonato era ligio al compitino e poco più. Inutile poi attendersi geometrie e idee illuminanti da Sissoko, arruffone e anzi meno esplosivo del solito, preoccupato com'era di tenere la posizione e di non fare sentire la mancanza di Melo. Ci sarebbe stato Krasic, è vero: al rientro dopo la prima giornata di squalifica in campionato (la seconda la sconterà domenica, in casa contro il Cesena), però, il serbo non incideva quasi mai. Un paio di scatti, altrettanti falli subiti (lontani dall'area di rigore) ma poco altro: e quando, dopo la mezzora, un suo servizio da destra armava il destro di Del Piero, quest'ultimo non trovava di meglio che calciare in curva facendo alzare gli occhi al cielo al povero Platini. Il quale, prima della partita, aveva scherzato sul record di gol segnati in serie A strappato sabato scorso dal capitano a Boniperti: «E' facile battere un record quando giochi più di quindici anni in una società rispetto ai miei cinque. Scherzi a parte, Del Piero è la vera bandiera della Juve moderna, il suo simbolo assoluto. Io faccio parte del passato. Superare Boniperti è stata una cosa eccezionale: l'avrei fatto anche io, ma mi ha cacciato prima che lo superassi».
Non è andata proprio così, ma dall'ex ragazzo di Joeuf si può accettare questo e altro. Compreso il benvenuto al nuovo presidente: «Andrea Agnelli è un po' meno grigio dello zio e parla meno bene il francese. Sono contento del suo arrivo, certo: senza Agnelli, la Juve non è la Juve».
Nemmeno quella di ieri sera lo è stata, alla fine. Perché anche la ripresa ha ricalcato il nulla del primo tempo: una conclusione da fuori area di Sissoko ben controllata da Tremmel, poi un paio di brividi per Storari su conclusioni di Jantscher e di Augustinussen. Tutto qui. E allora, in assenza (fortunatamente) di altri petardi, i brividi li regalavano prima l'uscita anticipata di Krasic (problema all'inguine) e poi l'infortunio muscolare di Legrottaglie.
Al peggio insomma non c'è mai fine: la Juve arrivava al novantesimo con in campo Giannetti, Buchel e Liviero, ragazzini che quando Del Piero segnava i primi gol in serie A bevevano il latte dal biberon. Il loro entusiasmo non bastava e l'Europa da ieri sera è un po' più lontana, nonostante il tifo nemmeno troppo nascosto di Platini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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