Juventus, lassù qualcuno ti ama

Riccardo Signori

nostro inviato a Torino

Stavolta non c’entrano neppure gli arbitri. Ma, cara Juve, lassù qualcuno ti ama davvero. Sarà l’arbitro delle grandi cose del pallone, sarà un santo protettore che ama il grugno serrato di Capello, sarà uno della congrega Moggi o un debitore di Giraudo, ma ieri sera il pallone ha confermato che la Juve è più forte certo, ma soprattutto più amata dallo stellone. Lo ha confermato Tim Wiese, portiere quasi insuperabile fino al minuto 43, quando un attimo di follia si è impossessato di lui: tuffo con giravolta plateale ed ecco schizzar via la palla dalle sue braccia per finire sul piede di Emerson. E la Juve, che per l’ennesima volta stava prendendo porta in faccia dalla Champions league e dai destini a lei legati, si è vista spalancare la porta dei quarti. Da non credere senza aver visto. Il calcio ha regalato l’ennesimo colpo di teatro dopo aver spiegato che il Werder meritava di passare e la Juve dovrà meditare sulla sua tremarella difensiva.
I diecimila volontari di Torino 2006 portati in tribuna per tifare Juve hanno presto perso la faccia della festa: visto il gioco mollaccione dei bianconeri e quello aggressivo dei tedeschi hanno capito che sarebbe stata sera da cuore in gola. La Juve ha faticato l’impensabile (o forse no, viste le ultime partite di campionato) per ritrovare ritmo e compattezza. Preoccupante la difesa dove Zebina, al rientro dopo un mese, è stato una benedizione per gli avversari. Il Werder, invece, ha realizzato proposte di successo, sfruttando le percussioni sulle fasce laterali e l’evidente difficoltà bianconera a centrocampo. Un avvio così diverso e contrastante ha permesso a Micoud e soci di pescare subito la Juve sul lato debole. E quando Schulz ha infilato pallone fra Zebina e Thuram è stato un gioco per Micoud, che ha sangue da giocoliere e piede raffinato, infilare il gol.
Da quel momento la corsa ad inseguimento bianconera s’è fatta faticosa quanto una scalata del Mont Ventoux. Nedved è stato unico e forse l’unico a dare subito concreti segnali di battaglia. Schulz ha provato a restituire favore precedente deviando palla verso la sua porta: portiere battuto, palla fuori d’un niente. Poi è stato un bel ping pong di occasioni ed emozioni: Buffon ha sventato l’occasione del 2-0 tedesco (conclusione di Klasnic), Wiese è diventato un gattone davanti alla conclusioni di Trezeguet e a un tiro quasi a colpo sicuro di Emerson: portiere a terra, ma non tanto per non allungare le mani e respingere. E più tardi perfino davanti a una cannonata di Nedved, pur in fuorigioco. In questi casi c’è da guardare allo stellone da una parte e dall’altra. E la Juve ci avrà guardato, non potendo contare sulle sue stelle: Ibrahimovic sempre in fuorigioco e magari malconcio, tanto da meritarsi la sostituzione dopo 11 minuti della ripresa, Vieira insipido, Camoranesi imbrigliato, Trezeguet poco centrato fino al ventesimo minuto. Nedved arrembante, ma senza il colpo di grazia nel piede. Il Werder ha nuovamente rischiato il raddoppio con Borowski, ma quello è stato il segnale che la luna stava girando. Ed infatti, dopo dieci minuti, ecco restituita dai tedeschi l’ingenuità difensiva che l’aveva azzoppata: Nedved si gioca Fahrenhorst e infila palla per Trezeguet che non perdona.


Da quel momento anche i tedeschi hanno cominciato a sbandare, il portiere a perdere sicurezza ed è stata altra partita: Juve arrembante, Werder sulle sue fino al paperone finale di Wiese. Emerson dopo aver visto il diavolo (il portiere gli ha sgonfiato due conclusioni da gol), ha scoperto un santo da beatificare. E la Juve con lui.

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