Kabul, i comunisti italiani disarmano l’esercito

da Roma

In Afghanistan occorrono «uomini ed elicotteri» e Parisi intende potenziare la presenza militare italiana a Kabul. Un orientamento che provoca l’immediata reazione dell’ala «pro ritirata» del governo. «Aumentare uomini e mezzi sarebbe un errore», puntualizza subito l’europarlamentare comunista Marco Rizzo. Si evitino regali alla destra e pericolosi autogol - dice Rizzo -. L’Italia è e deve rimanere un Paese di pace».
Insomma, il voto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan promette di diventare uno scoglio sempre più ingombrante sul cammino del governo di Romano Prodi. Anche perché la Casa delle libertà non andrà in soccorso del Professore. «L’Italia - dice Maurizio Gasparri di Alleanza nazionale - deve certamente mantenere i suoi impegni internazionali, ma se Prodi non avrà i numeri prima si dimette, poi si discute in un quadro completamente diverso. In Parlamento è certo che noi deputati e senatori non consentiremo mai che i nostri voti servano a mantenere in vita questo circo equestre guidato da Prodi».
Durante il suo secondo giorno di visita in Afghanistan, il ministro della Difesa, Arturo Parisi, incontra ad Herat il generale Danilo Errico, comandante per la Regione Ovest della missione militare internazionale. Errico, che al momento ha una potenza di 400 soldati, chiede a Parisi «più uomini e più elicotteri» per sostenere le operazioni nell’area e anche per «dare risposte credibili» alle esigenze di quell’area martoriata. Parisi non dice no. «Valuteremo la richiesta per quello che è: un sostegno ad un’azione di pace», dice il ministro, che garantisce l’impegno dell’Italia per dare «un contributo alla fondazione di questo Stato».
Parisi parla di «una presenza militare che garantisce sicurezza e che, al tempo stesso, si pone a supporto delle nuove amministrazioni locali» realizzando «interventi e servizi di primaria importanza sociale, con particolare riguardo ai settori delle opere pubbliche, dell’istruzione e della sanità».
Proprio nel momento in cui la Nato chiede all’Italia uno sforzo maggiore, il ministro sembra orientarsi in questa direzione. Alla richiesta di invio di uomini e mezzi Parisi risponde «con attenzione e disponibilità», confermando che l’orientamento del governo «è utilizzare tutte le risorse a nostra disposizione per rafforzare il nostro sostegno». Certamente, precisa, terminata la fase istruttoria la decisione «dovrà essere affidata alla collegialità del governo in funzione di una decisione del Parlamento».
Una decisione collegiale ovviamente, ma Parisi tiene pure a specificare che la sua «personale valutazione sul cammino percorso fino ad ora è positiva». Quello del ministro suona dunque come un sì alla richiesta di potenziamento e anche come un no all’invito della sinistra radicale a porre fine alla missione in Afghanistan.
La squadra di ricostruzione operante a Herat dunque potrebbe essere rinforzata con una compagnia di sicurezza di 150-200 uomini e da una o più aliquote di forze speciali. Riguardo ai mezzi, invece, non ci sono certezze, a parte il fatto che il più utile in una regione dove esiste solo una strada sarebbe l’elicottero.

Su questo fronte il contingente stanziato in Afghanistan potrebbe beneficiare del progressivo disimpegno in Irak. Fino ad ora i soldati del Prt (il gruppo di ricostruzione) hanno realizzato in due anni scuole, ospedali e pozzi, investendo finora 5,5 milioni di euro su un totale di 10 stanziati dalla Difesa.

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