Kaladze: «Ci hanno attaccati, la Nato ci difenda»

Il calciatore accusa il Cremlino: «Sono rimasti comunisti. Noi invece abbiamo scelto di stare con l’Europa»

Pronto Kaladze, come va?
«Malissimo. E non certo per il ginocchio che continua a dolermi. Sono qui ad Anversa in pellegrinaggio dal professor Maertens e spero di riuscire a domare questo acciacco per il bene mio e del Milan».
Malissimo, immagino, per quel che sta succedendo in patria?
«Certo. È un disastro, ma vedo che non c’è una gran sensibilità nel mondo occidentale che pure dovrebbe avere a cuore le sorti del mio Paese. Noi della Georgia abbiamo fatto una scelta netta e radicale: siamo venuti con l’Occidente, abbiamo scelto gli Stati Uniti e l’Europa piuttosto che stare con la Russia. Ma tranne che parole da parte del presidente americano George Bush e dei politici europei, non vediamo null’altro».
Che cosa vorreste, un intervento militare?
«Forti pressioni, sappiamo che è possibile esercitarle se c’è una precisa volontà politica. Gli appelli non bastano. Anche perché il nostro giovane Paese non può essere sottoposto a un martellamento militare, senza alcuna difesa. E noi siamo disposti a cambiare indirizzo, a passare dall’altra parte pur di salvare la vita della nostra gente e l’incolumità delle nostre città. Dovevamo entrare tra poco nella Nato ma con quale spirito possiamo farlo se alla prima occasione l’Alleanza atlantica ci lascia soli sotto il fuoco degli aerei russi?».
I suoi familiari sono al sicuro? Li ha sentiti?
«Loro sì, sono a Tbilisi, a 200-250 chilometri dal conflitto vero e proprio ma nel corso dell’ultima notte sono avvenuti altri bombardamenti, sono stati presi di mira alcuni siti militari, molti i soldati georgiani sono stati uccisi. Le cifre diramate ufficialmente non raccontano la verità, purtroppo».
Scusi Kaladze, ma di chi è la responsabilità di questo conflitto?
«Guardi che lo scenario è elementare da capire. È come se in Italia, un certo mattino, la regione Piemonte dovesse proclamare la propria indipendenza e la propria autonomia, ricevendo appoggio e sostegno politico e militare da un Paese vicino e nel frattempo tenga viva la questione provocando attentati. Non è così che si regolano questioni così vitali. Il nostro è un Paese democratico, gli altri, i russi voglio dire, restano sempre dei comunisti. Abbiamo più volte raccomandato alla Russia di non occuparsi del contenzioso con l’Ossezia del Sud, abbiamo subito attentati».
Addirittura...
«Certo. Alcuni mesi fa è accaduto un incidente tecnico pericoloso che di occasionale non aveva proprio niente.

La Georgia è rimasta al buio per qualche giorno e si è capito alla fine che si è trattato di un autentico attentato che avrebbe potuto mettere in ginocchio il mio Paese. Come si possono sopportare comportamenti del genere?».

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