La Kampush trasforma il suo inferno in best seller

Picchiata duecento volte a settimana fino a sentirsi «spezzare la spina dorsale», costretta a fare in continuazione le pulizie di casa seminuda, obbligata a dormire ammanettata al suo aguzzino. Natasha Kampush, quattro anni dopo la fuga dalla sua prigione nei pressi di Vienna, racconta per la prima volta il suo «inferno» in un’autobiografia, anticipata dal Daily Mail, in cui ripercorre quei drammatici 3.096 giorni nelle mani di Wolfgang Proklopuil. Natasha fu catturata nel marzo del 1998 a soli dieci anni mentre andava a scuola. Rinchiusa in uno scantinato senza finestre e sottoposta a torture fisiche e mentali, riuscì a fuggire dalla sua prigione nell’agosto del 2006. Proklopuil, 44 anni, si suicidò poco prima dell’arrivo della polizia. «Non sei più Natasha, ora appartieni a me», le diceva l’uomo che, attraverso un altoparlante nella sua cella, le urlava in continuazione: «Obbedisci, obbedisci».

Nel libro, che uscirà il prossimo 16 settembre, Natasha racconta i particolari della prigionia e le fissazioni dell’uomo che voleva essere chiamato «Maestro», «Mio signore» e che la costringeva a inginocchiarsi davanti a lui: «Sei la mia schiava», le diceva. Priklopil, ex ingegnere della Siemens, aveva detto a Natasha che i suoi parenti si erano rifiutati di pagare il riscatto: «Sono felici di liberarsi di te», le ripeteva.

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