Non se la passava così male dal 1997, la cara Barbie. Risale a quellanno un rapporto di Greenpeace che collocava la vamp imbalsamata più popolare del mondo in un novero di giocattoli molto pericolosi: lavvelenamento di alcuni bambini - sosteneva allora Greenpeace - era da imputare allalto tasso di piombo e di cadmio contenuto in certi giochi tra i più amati. Rincara la dose, Greenpeace, con una campagna lanciata a Los Angeles e a Jakarta. E a parlare per conto dellorganizzazione ambientalista, è oggi laitante Ken, storico fidanzato di Barbie: «È finita. Io non esco con le ragazze che contribuiscono alla deforestazione». Proprio così: il capo dimputazione che pende sulla testa di platino delleterna fanciulla è di contribuire, per le confezioni nelle quali si lancia sul mercato, alla distruzione della foresta pluviale dIndonesia: la terza più estesa al mondo. Quella sorta di teca di cristallo che per le bambine è inconfondibile, quello scrigno magico che profuma di carta, plastica illibata e sogno, dietro il quale riluce immobile il sorriso di Barbie: è lui il colpevole della deforestazione indonesiana, secondo le fonti investigative di Greenpeace.
Povera Barbie. Le hanno serrato le labbra rosso Valentino, diminuito il seno, ridotto il vitino di vespa e istallato odiose giunture dappertutto. Lhanno fatta diventare un sinonimo pronto alluso della vacuità, di uno standard estetico diseducativo e di uno stile di vita vezzoso e ricco di sperperi. Ville di Malibu, camper, abbigliamento alla moda. Barbie si è messa in tasca i suoi 52 anni suonati e, non più tardi del 2004, si è ritrovata tra le cronache rosa di tutto il mondo con un nuovo fidanzato, che poi forse nemmeno le andava troppo a genio. Era il surfista australiano Blaine, un fusto a prova di Baywatch (professionista nel cavalcare anche londa di una crisi tra Barbie e Ken), lanciato sul mercato da Mattel, che era sempre più alle prese con le imitazioni del suo giocattolo di punta. Sì, perché il fenomeno Bratz - le bambole dalle teste fuori misura e dai tacchi vertiginosi - diede filo da torcere persino a lei. E solo lo scorso anno, la Mga Entertainment (la casa di produzione delle Bratz, più inviperita di una press-agent a Hollywood) ha accusato la Mattel di «spionaggio industriale», ovvero di introduzione illecita nei propri laboratori per osservare i nuovi modelli delle proprie bambole. Tempi durissimi per mamma Mattel, contro la quale Greenpeace si scaglia oggi a suon di petizioni sul suo sito web. È la Asia Pulp and Paper, dice Greenpeace, a distribuire gli imballaggi di Barbie a costo di deforestare lIndonesia. Accuse alle quali replica la App, azienda indonesiana controllata dal gruppo Sinar Mas, dichiarandosi sotto shock: gli imballaggi della bambola bionda e della sua allegra brigata, secondo lazienda, sono prodotti al 96% con materiale riciclato, in vista di un pieno 100% da perseguire entro il 2015. Accanimento organizzato o meritoria difesa dellambiente? Chi si nasconde davvero dietro gli occhi blu della piccola diva che ha marcato mezzo secolo della nostra storia? È unamica fidata delle bambine che la venerano da 50 anni, o unentità luciferina che, magnifica, prende vita dai tronchi degli alberi?
Barbie è una finta ingenua. Unesperta del politically correct che ha coltivato senza sbavature le sue amicizie di tutte le etnie e di tutte le estrazioni sociali. Una pluri-laureata che ha vestito abiti da sposa più bianchi delle nuvole, desiderabile come Claudia Schiffer, nota alle copertine come Marylin, come Britney Spears, eppure casta come una sirena.
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