Patricia Tagliaferri
da Roma
È un altro delitto senza un colpevole quello di Serena Mollicone, la studentessa di 18 anni uccisa il 1° giugno del 2001 ad Arce, in provincia di Frosinone. Il suo corpo fu trovato due giorni dopo tra le sterpaglie, ai margini del bosco di Anitrella, con le mani e i piedi legati col fil di ferro e la testa infilata in un sacchetto di plastica. Della sua morte era stato accusato un carrozziere di 35 anni, Carmine Belli. I magistrati erano convinti che avesse colpito la giovane dopo essere stato respinto. Contro di lui, dicevano, indizi «gravi, precisi e concordanti». Non per i giudici, che ieri lo hanno assolto per la seconda volta: non è stato lui ad uccidere la ragazza e a occultarne il cadavere, o almeno non ci sono prove per condannarlo a 23 anni di carcere, come avrebbe voluto il procuratore generale Marco Marsili. La Corte dassise dappello di Roma, presieduta da Antonio Cappiello, ha confermato la sentenza di primo grado dopo due ore di camera di consiglio: Belli non ha commesso il fatto e ora i familiari di Serena, parti civili, dovranno pure pagare le spese processuali. Idem per limputato, che aveva fatto appello per chiedere unassoluzione con formula piena. Guglielmo Mollicone, il papà della vittima, esce dallaula senza un commento. Limputato fa altrettanto, evitando di incrociarlo. Sul momento lasciano che siano gli avvocati a parlare per loro. A Dario De Santis, il legale di parte civile, tocca la parte più difficile: «Dopo circa quattro anni e mezzo dallatroce omicidio - dice - questo delitto resta impunito e ciò non può che aggravare il dolore e il turbamento dei miei assistiti, i quali hanno avuto fiducia nella giustizia e che dalla giustizia non hanno ricevuto laffermazione di colpevolezza del responsabile». Più che soddisfatti i difensori di Belli, Eduardo Rotondi e Roberto Migno: «La Corte, molto attenta nella valutazione degli atti, ha tenuto conto del lavoro fatto sia dai legali sia dai consulenti tecnici della difesa, che hanno consentito una ricostruzione dettagliata dei fatti. La sentenza consente a Carmine Belli di uscire da questo periodo di estrema difficoltà». Esulta Carmelo Lavorino, il criminologo che ha lavorato per la difesa. «Abbiamo affrontato questa battaglia - spiega - perché sapevamo che contro Belli cerano indizi e non prove. Siamo riusciti a smontare una ricostruzione che vedeva Belli al centro della scena: contro di lui, invece, non cè nulla». «Non abbiamo avuto ancora giustizia», commenta infine il sindaco di Arce, Giuseppe Corsetti.
Le indagini non puntarono subito su Belli. Sospetti furono avanzati su più persone, anche sul papà della studentessa. Poi, dopo venti mesi di indagini, il cerchio si chiuse intorno al carrozziere. Nessuna confessione, come forse si aspettavano gli inquirenti. Belli continuava a dichiararsi innocente. Contro di lui una serie di indizi, le contraddizioni in cui cadde durante gli interrogatori e la mancanza di un valido alibi.
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