La notizia ufficiale è che domani, con il passaggio delle consegne dalla Francia alla Repubblica Ceca, un Paese dellex blocco sovietico assumerà per la prima volta la presidenza dellUnione Europa. La notizia ufficiosa, su cui a Bruxelles tendono a stendere un velo di imbarazzato silenzio, è che Vaclav Klaus, capo dello Stato di questo Paese, è l'uomo politico più euroscettico del continente, di fronte al quale anche i nostri leghisti più arrabbiati fanno la figura delle euromammolette. Leggere per credere.
Alla prospettiva di dovere esporre davanti al palazzo presidenziale la bandiera dellEuropa accanto a quella nazionale, ha risposto: «Se lo possono sognare. I due vessilli mi ricordano troppo i tempi in cui eravamo tenuti a esporre anche la bandiera dellUnione Sovietica». Quando, un mese fa, ha saputo che a Parigi si erano riuniti i capi di governo di Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna per decidere quali misure la UE poteva adottare contro la recessione senza consultare gli altri 23, ha esclamato: «Toh, sono gli stessi che nel 1938 a Monaco decisero la spartizione della Cecoslovacchia». A chi gli ha fatto notare quanto fosse importante per il suo Paese assumere la presidenza dell'Unione in un momento come questo, ha replicato: «Non è il caso di farsi illusioni, tanto continueranno a comandare sempre i grandi». Dopo la conclusione dell'accordo di Bruxelles sulla riduzione del 20 per cento dei gas serra, ha ribadito che, a suo avviso, la storia del riscaldamento del pianeta è una gran balla, che lEuropa si appresta a gettare al vento un sacco di soldi e che un giorno dovremo incolpare gli ecologisti di avere fermato lo sviluppo. Ammiratore e seguace di Margaret Thatcher e liberista doc, paventa che linterventismo dellUnione Europea nella crisi economica finisca con il produrre una deriva dirigistica contraria a tutti i suoi principi.
Ma laspetto più delicato della presidenza Klaus concerne il suo rapporto con il Trattato di Lisbona, che definisce «il vero passo in direzione di un superstato europeo». Durante la campagna referendaria sfociata nel no irlandese, si è recato in visita ufficiale a Dublino e, invece di schierarsi con il governo, è andato a pranzo con Declan Ganley, l'uomo d'affari che ha organizzato il fronte del rifiuto e - sia pure a quattr'occhi - gli ha offerto il suo appoggio.
Ora la Repubblica Ceca è uno dei tre Paesi che non ha ancora ratificato il Trattato, e proprio un paio di settimane fa il primo ministro Topolanek - che al contrario di Klaus ci crede - è stato costretto a rinviare il voto parlamentare a febbraio per timore di una sconfitta. Se la Camera lo approvasse, il presidente che si autodefinisce «un dissidente allinterno della Ue» sarebbe obbligato, suo malgrado, a firmarlo, ma ha già fatto sapere che non lo farà prima di vedere se gli irlandesi, che saranno chiamati nuovamente alle urne in autunno, rovesceranno la loro decisione.
Ignorando il bon ton diplomatico, sia il presidente francese Sarkozy, sia il presidente della Commissione europea Barroso hanno già criticato aspramente Klaus per le sue esternazioni, ma linteressato non si è scomposto più di tanto. Egli è conscio che, in base alla Costituzione ceca, esercitare la presidenza dellUnione non toccherà a lui, ma a Topolanek e che nel corso del semestre avrà solo due o tre occasioni per far sentire la sua voce: il discorso che terrà allEuroparlamento il 19 febbraio, e due vertici in programma tra la UE, la Russia e l'America latina.
Ma non c'è dubbio che ne approfitterà, anche a costo di scandalizzare tutti gli altri leader europei. A 67 anni, con una onorata carriera politica di ministro dellEconomia, di primo ministro e adesso di presidente della Repubblica appena rieletto per un secondo mandato, non ha nulla da perdere.
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