da Belgrado
L'umiliazione della Serbia procede con l'asportazione del Kosovo, che da lunedì entrerà nell'ultima fase. Come eredi del non-allineamento della Jugoslavia, per aver quindi detto no alla Nato e alla Ue, i serbi pagheranno. La risoluzione 1244 dell'Onu, per la quale il Kosovo è Serbia, con la consegna del rapporto della troika (Russia-Ue-Usa) all'Onu stessa non sarà più calpestata: sarà stracciata. E venerdì 14 il Consiglio d'Europa dirà «che lo status quo in Kosovo non è sostenibile e che occorre una soluzione rapida». Imposta da Washington per chiudere a pro musulmani una pratica e aprirne un'altra contro altri musulmani: in Iran.
E i serbi? Sempre il documento già pronto al Consiglio d'Europa dice che, «se vorranno», cioè se non si ribelleranno all'umiliazione, «progrediranno più rapidamente dagli altri sulla strada europea». Ma ecco la tabella di marcia dell'esproprio del Kosovo. New York, mercoledì 19: la questione Kosovo giungerà all'Onu, ma la Russia bloccherà la procedura; gli Usa vorranno l'indipendenza a metà gennaio e facilmente l'avranno. Il socialdemocratico serbo Boris Tadic perderebbe allora le elezioni presidenziali del 20 gennaio; se le vincesse il nazionalista Tomislav Nikolic, delfino di Vojislav Seselj (in galera all'Aia), avremmo un bis danubiano del caso Hamas in Palestina.
E anche la Belgrado moderata ormai reagisce. Un consigliere del capo del governo, Vojislav Kostunica, ha detto ieri in tv: «L'interesse nazionale si difende anche con le armi». Un portavoce di Tadic l'ha smentito, ma ormai è questa l'aria che tira.
I kosovari albanofoni staranno buoni e senza governo fino a lunedì. Poi il Pdk ne formerà uno, che, dopo il capodanno ortodosso, proclamerà l'indipendenza. Seguiranno rapidi riconoscimenti internazionali, a cominciare da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Allora i ventisette Paesi delle Ue si riuniranno e i più s'adegueranno.
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