Controcultura

Kurt Cobain così com'era (attraverso l'obiettivo)

A Firenze le fotografie inedite di Charles Peterson e Michael Lavine che raccontano il leader dei Nirvana

Kurt Cobain così com'era (attraverso l'obiettivo)

Ricorderemo sempre la prima parte degli anni '90 come quelli dell'ultima rivoluzione rock nonché dell'ultima icona generazionale, intrisa di trasgressione e mal di vivere. Scegliendo di morire a ventisette anni, l'anno migliore per scomparire, Kurt Cobain è entrato di diritto nella leggenda, da dove non uscirà mai. Sono bastati tre album in studio e l'Mtv Unplugged Live tra 1989 e 1993 per ribaltare ancora una volta la scena musicale, partendo da Seattle, stato di Washington, una anonima città portuale che proprio allora stava assistendo all'ascesa della «nuova classe creativa», come la chiamava il sociologo Richard Florida. Suoni robusti, testi carichi di esistenzialismo, barbe lunghe, camicie di flanella a quadri: questo l'immaginario del Grunge, un genere dai contorni non così precisi oltre al fatto di mostrarsi radicale e alternativo. Nirvana, la band di Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl, Pearl Jam, Mudhoney, Soundgarden, Alice in Chains tra i protagonisti di una stagione indimenticabile e irripetibile.

Rispetto agli altri, a Eddie Vedder, Chris Cornell e Layne Staley, Cobain oltre alla voce e alla performance è stato un'immagine di rara bellezza, biondo, occhi azzurri, fragile ed efebico, immortalato perciò dall'obiettivo di diversi fotografi e proprio attraverso i loro ritratti è stata tramandata questa breve, intensa, finale epopea del rock. Andiamo dunque a Firenze, Palazzo Medici Riccardi, per la riapertura di Come as You Are. Kurt Cobain and The Grunge Revolution, in scena fino al 18 ottobre. La mostra è a cura di Vittoria Mainoldi, direttrice di Ono Gallery di Bologna e vera autorità nel settore che propone 80 foto inedite di Charles Peterson e Michael Lavine, tra live, backstage, momenti di vita privata. Alcune di queste immagini sono già storia. Al Reading Festival dell'agosto '92 Cobain arriva sul palco in sedia a rotelle, stava piuttosto male eppure si tramanda un'esibizione memorabile. Nel frattempo Kurt si era sposato con Courtney Love, cantante delle Hole e madre della loro figlia Francis Bean, ed è sempre del '92 lo scatto di Peterson mentre il papà e la bimba giocano seduti per terra in un quadretto familiare apparentemente sereno e felice. Più patinato e glamour lo stile di Lavine che segue i Nirvana fin dall'esordio di Bleach e nel successo di Nevermind e In Utero, collaborando all'artwork. Lavine è vicino a Cobain fino a pochi giorni prima dell'assurdo suicidio l'8 aprile 1994. Lo accompagna sul set di Mtv, al concerto di Roma il 4 marzo, quando ormai il cantante è avviato alla tragica fine, piegato dalla droga e dalla depressione, inseguito da fantasmi che nessuno è mai riuscito a capire, neppure leggendo le sue lettere contorte e ansiose.

Le immagini più belle e autentiche sono però i ritratti. Kurt era un istrione, amava posare davanti all'obiettivo, memore del suo essere intimamente punk ogni tanto si tingeva i capelli di colori improbabili e con gesti di estrema timidezza affondava le mani dentro ampi maglioni di lana, a proteggersi con mosse civettuole. Memorabile lo scatto di Lavine in bianco e nero, seduto al contrario, appoggiato sullo schienale, oppure il tenero abbraccio con Courtney. Dalle foto di Peterson emerge invece una normalità di fondo, per un ragazzo poco più che ventenne forse travolto dal troppo successo, mai capace di fare pace con se stesso e con le proprie infelicità.

Non so quanto la storia di quegli anni abbia inciso sulla tristezza di fondo dei loro caratteri. Chris Cornell ha aspettato tanto, poi se ne è andato anche lui. Layne Staley non ha retto all'eroina, mentre Eddie Vedder continua a suonare nei Pearl Jam un rock sempre più classico e Dave Grohl ha affrontato una seconda vita dopo i Nirvana con i muscolari Foo Fighters. Dicevamo la storia, di ragazzi travolti dalla fine delle grandi ideologie, ripiegati in un privatissimo minimalismo, per un mondo che non aveva più bisogno di eroi e che nella figura del loser il perdente - aveva trovato una nuova inquietante narrazione. Stagione brevissima che del rock ha così concluso l'età dell'oro.

Qualcuno insiste sia meglio bruciare in fretta che consumarsi lentamente, altri insistono, hanno superato i settanta e continuano a pubblicare dischi memorabili: si chiamano Iggy Pop, Neil Young, Bob Dylan e noi abbiamo ancora tanto bisogno di loro.

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