L’aborto è un male, una piaga sociale, una tragedia. Siamo d’accordo almeno su questo? Chi non è d’accordo consulti da pagina 17 a pagina 25 il Dizionario medico curato dalla Fondazione Umberto Veronesi per il progresso delle scienze e pubblicato dal Corriere della Sera. A meno che non si vogliano considerare l’ex ministro della Salute un oscurantista e il giornale diretto da Paolo Mieli un organo della reazione, lì dentro c’è scritto: «L’aborto non deve solo essere curato, ma soprattutto, nei limiti del possibile, prevenuto».
Il manuale descrive tre tipi di aborto: spontaneo, ripetuto, provocato. Dicesi aborto provocato, chiarisce il volume, quello che «può venire eseguito a scopo terapeutico». Da terapia, «parte della medicina che tratta della cura delle malattie» (Zingarelli 2006). Si può considerare la malattia, in contraddizione con l’etimologia stessa della parola, non un male bensì un bene? Se pensate che no, non si possa, leggetevi l’editoriale di Angela Azzaro uscito domenica scorsa sulla prima pagina di Liberazione, quotidiano di Rifondazione comunista. Lì scoprirete che si può.
Sotto il titolo «Io dico: l’aborto non è un dramma», premesso che «è in pieno svolgimento una campagna ideologica che fa di tutto per riportare le donne al ruolo di madri e basta, cioè contenitori biologici degli eredi di una società maschile» e che «questa crociata, questo vero scontro di civiltà vede uniti cattolici e musulmani», la Azzaro espone la sua innovativa, stralunata, raccapricciante teoria circa l’interruzione volontaria di gravidanza: «Per molte è un’esperienza importante, di crescita, un passaggio che può portare verso una maggiore consapevolezza. Per altre è espressione di un conflitto razionale o inconscio. Per alcune è un evento doloroso non di per sé, ma perché coincide con la fine di una storia, perché si trovano ad affrontare condizioni economiche e sociali difficili. Altre reagiscono in modo ancora diverso. Ma per loro non è un dramma».
Quando lo scorso dicembre intervistai la dottoressa Rossana Cirillo, una ginecologa femminista, cresciuta alla scuola del Manifesto, che ha scelto l’obiezione di coscienza dopo 25 anni di aborti (dai 13.000 ai 23.000 ne ha eseguiti all’ospedale Villa Scassi di Genova), restai incredulo all’udire che «una ristretta minoranza di donne d’elevato livello culturale» ricorrono alla soppressione del nascituro perché in loro «agisce il desiderio inconscio di dimostrare a se stesse d’essere fertili» e, dunque, «soddisfatto quello...». Ora quest’aberrazione, che non rientra certo fra le situazioni regolate dalla legge 194 e dunque è da considerarsi illecita a tutti gli effetti, viene teorizzata sulla prima pagina del foglio ufficiale di un partito che si candida a guidare l’Italia. Che cosa sarà mai un aborto rispetto al dramma di un moroso che ti pianta dopo averti messa incinta o di una rata del riscaldamento da pagare? Anzi, a sentire Liberazione, per crescere bene, per diventare consapevoli, sarebbe importante che tutte le donne, almeno una volta nella vita, facessero ricorso a questo «passaggio».
L’editoriale raggiunge l’apice del cinismo ideologico quando s’interroga sull’equazione aborto-dramma: «Conviene alla posizione che vogliamo sostenere?». Ovvio che no, dal loro punto di vista. «Chi usa la parola dramma (al di là della sua esperienza) lo fa per un fatto spesso opportunistico: non si vuole dare all’avversario politico l’occasione di nuovi argomenti». Ma sì, a morte i bambini e lunga vita al dibbbattito democratico.
Che una giornalista di Liberazione abbia smarrito la sinderesi è evento di sicuro spiacevole ma tutto sommato normale ove si consideri che alle elezioni per il Comune di Roma cinque anni fa Angela Azzaro si candidò col seguente programma (mietendo la bellezza di 84 voti): sostenere la diffusione della cultura gay, lesbica, bisessuale, transessuale, transgender; garantire l’accesso alle tecniche di riproduzione assistita per le lesbiche; assicurare il diritto d’adozione alle medesime e alle coppie gay. Ma che ora sia lei a dettare la linea al partito di Fausto Bertinotti in tema di aborto induce a preoccupanti riflessioni.
Intanto Romano Prodi, alleato dei rifondaroli, va in giro con la consorte a presentare il libro Insieme scritto per le edizioni San Paolo, nel quale insegna che «la politica consiste sempre nel mettere insieme le forze disposte al cambiamento». Avanti così, insieme con Bertinotti e con la Azzaro. Bel cambiamento, davvero.
SENSO DEL RIDICOLO. Mario Pirani commenta con ammirevole imparzialità su Repubblica la vicenda della presunta bocciatura del Mose di Venezia, cavalcata dal verde Alfonso Pecoraro Scanio. «Stando all’informazione da lui trasmessa in anteprima ai giornali», scrive Pirani, «l’Unione europea avrebbe aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per bloccare la costruzione del sistema di paratie mobili» che salveranno Venezia dall’acqua alta. In realtà, fa notare l’editorialista, la Ue s’è limitata a chiedere il rispetto d’una direttiva sugli uccelli acquatici, «così da assicurare la tranquilla nidificazione del fraticello (Sterna albifrons), un gabbianello». Conclude Pirani: «Si tratta di una storia che, per il modo con cui è stata raccontata e presentata, supera nettamente la soglia del ridicolo». Ben detto.
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.