L’accusa alla Boccassini e quei controlli serali nelle stanze dei giudici

Ecco i verbali con le contestazioni dell’ex procuratore capo: "Comportamenti inopportuni e compromettenti"

L’accusa alla Boccassini e quei controlli serali nelle stanze dei giudici

L’atto d’accusa del procuratore capo e della procura generale. La memoria dell’avvocato-pm Spataro che invoca il rispetto della privacy. Le relazioni di servizio dei poliziotti-testimoni. Gira intorno a questi documenti al Csm la diatriba coi vertici degli uffici milanesi indispettiti dagli «atteggiamenti amorosi» del sostituto Ilda Boccassini. Il 4 novembre del 1981 il procuratore capo Mauro Gresti scrive alla procura generale per segnalare un’informativa della Digos dove si dà conto di questi «rapporti» con un giornalista di Lotta Continua, e nel farlo prega il collega «di esaminare se non sia inopportuno e compromettente del prestigio dell’ordine giudiziario che detto magistrato (la Boccassini, ndr) continui a prestare servizio presso la procura di Milano». Il procuratore generale Sofo Borghese spedisce tutto al Csm (che poi archivierà assolvendo la Boccassini, ndr) e per conoscenza al Guardasigilli. Nel frattempo ben 27 colleghi di Ilda insorgono per iscritto contro il loro capo lamentando una sproporzione dell’iniziativa «per un episodio di trascurabile rilevanza».

"INCONTRI" SERALI IN UFFICIO E LE INDAGINI DEI CARABINIERI
Il procuratore Gresti risponde per le rime, indirettamente, parlando col Pg «in ordine ai comportamenti tenuti in ufficio dal sostituto Ilda Boccassini in un lasso di tempo tra l’autunno del 1979 e l’inverno del 1980». Non un singolo episodio, dunque. Gresti fa riferimento a quanto raccontatogli sia da un addetto alle pulizie del tribunale che dal colonnello dei carabinieri Adolfo Bono «da me riservatamente incaricato di ispezionare, specie nelle ore serali, gli ambienti della procura di Milano al fine di evitare il ripetersi di episodi disdicevoli o comunque non certo commendevoli a me segnalati». Una delle soffiate finisce addirittura negli atti di indagine della procura generale allorché si chiede di riscontrare quanto riferito dall’addetto delle pulizie, e cioè «di aver visto, una sera d’inverno del 1980, nell’entrare dell’ufficio della medesima, per le pulizie, la dottoressa Boccassini in atteggiamento compromettente, seduta a gambe aperte sulle gambe di un uomo e di fronte allo stesso». Interrogato successivamente, l’addetto alle pulizie preciserà di aver solo detto a un colonnello dei carabinieri ciò che gli era stato confidato da un avvocato. A sollevare dubbi sul superteste alcune colleghe della Boccassini (Annamaria Gatto e Manuela Manzi) che al difensore di Ilda riferiranno di confidenze ricevute dallo stesso addetto delle pulizie, che parlava di altri «incontri» in ufficio con altre donne in toga. Non con la Boccassini.

LA LETTERA "EVERSIVA" E L’IRA DEL PROCURATORE
Ma torniamo al j’accuse del procuratore Gresti. «Non assunsi allora iniziative disciplinari nei confronti della dottoressa Boccassini perché ritenni, che i fatti riferitimi non avevano avuto risonanza fuori dall’ambiente ristretto dell’Ufficio (...)». Oltre all’episodio «amoroso» avvenuto a due passi dal Palazzo di giustizia, scrive Gresti, a turbarlo fu il rapporto con un giornalista critico con l’azione della procura di Milano sul fronte delle fermezza nella lotta al terrorismo. Rimase stupito da una lettera scritta dalla Boccassini «insieme ad altro magistrato della procura di Milano e sottoscritta da numerosi “operatori del diritto”...», di solidarietà verso un imputato di partecipazione a banda armata e di altri reati eversivi che chiedeva di cambiare carcere. Alla richiesta di trasferimento del procuratore capo, e del procuratore generale Antonio Leo che sosterrà l’accusa, non verrà dato seguito.

LA VERSIONE DI ILDA: "FATTI PRIVATI E RISERVATI"
Anche grazie a questa memoria difensiva presentata dal suo «avvocato» di allora, il pm Armando Spataro. Che riporta alla lettera le parole della Boccassini che nella sua arringa difensiva si appella alla privacy, alla riservatezza: «(...) Intendo precisare pur col rispetto verso l’autorità che ha promosso il procedimento, che non ritengo di dover entrare nel merito del fatto contestatomi. Ritengo infatti che esso concerne un tipo di questioni che attengono esclusivamente alla sfera della mia vita privata coperta, come tale, da un diritto di assoluta riservatezza. Il trattarne nel merito in questa sede - insiste Ilda la rossa - sia pure a fini difensivi equivarrebbe, a mio giudizio, ad accettare un’inammissibile interferenza in ambito di comportamenti che, nei limiti della loro evidente liceità alla stregua delle norme che regolano la vita di tutti i cittadini, e in particolare la disciplina dei magistrato, non ritengo sottoponibili a controllo». Successivamente, però, la Boccassini qualcosina dice: «Non ricordo con precisione l’episodio del 15 ottobre 1981. Conosco da tempo il giornalista (...) non escludo di averlo salutato affettuosamente. Tale amicizia non ha avuto alcuna influenza sul lavoro di ufficio. Mai mi ha chiesto notizie, mai ha interferito sulla mia attività».

GLI AGENTI-TESTIMONI FIRMANO L’INFORMATIVA
Nella relazione a doppia firma dei testimoni oculari del «fattaccio» (un poliziotto e un finanziere) inviata al dirigente Digos e da qui all’ufficio del procuratore, si fa presente che «il giorno 15.10.1981 alle ore 18.30, lungo via Cesare Battisti, angolo corso di Porta Vittoria veniva attirata la mia attenzione (e il poliziotto che parla, ndr) da una coppia di giovani che abbracciati, in atteggiamento amoroso, si baciavano mentre camminavano (...).

Mi colpiva in modo particolare lo sguardo insistente e cattivo che mi veniva lanciato dalla dottoressa in questione, tale da trarre anche l’attenzione del benzinaio sito nella stessa via, al punto di dirmi poi “ma hai visto che sguardo che ti ha lanciato quella lì?”...».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica