L’accusa di certi musulmani: essere «troppo italiani»

Le nuove relazioni con il mondo islamico ora scorrono sul filo del linguaggio della matematica. Se A è uguale a B e B è uguale a C, allora C è uguale ad A. Equazioni che l'Ucoii ha utilizzato nel suo messaggio pubblicato sul QN il 19 agosto scorso: Marzabotto = Gaza = Fosse Ardeatine = Libano; ed ancora: ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane, da cui, per il principio della traslazione, ebrei = nazisti. La cosa non si è chiusa qui, perché l'omicidio di Hina, affermano i membri della comunità pachistana che si sono espressi in proposito, è frutto del suo «essere stata un po’ troppo italiana». Tra tutte le definizioni registrate, questa è senz'altro quella che mi è piaciuta di più: Hina era semplicemente e spudoratamente «troppo italiana». Era questa l'accezione negativa che ha fatto la differenza; il fatto stesso di essere troppo occidentale per i pachistani è una colpa, una grave colpa, non un merito, non una meta a cui aspirare. Ed allora riprendiamo la strada delle equazioni: Hina = troppo italiana = morte.

Al nome di Hina ciascuno potrà sostituirci il proprio nome di battesimo: Letizia, Franca, Maria, Barbara e potrà trovare subito la formula della condanna a cui l'Occidente, per interposta persona, è stato (per il momento moralmente) destinato.

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