L’addio senza fine degli italiani agli eroi di Nassirya

I parenti, gli amici, i commilitoni, ma anche centinaia di persone in pellegrinaggio alla camera ardente. Arrivano anche Letta e lo stato maggiore dell’Unione. Domani i funerali di Stato

Alessia Marani

da Roma

Domani i funerali di Stato, ieri l’apertura della camera ardente a Roma con centinaia di persone a rendere omaggio. A vegliare sulle bare avvolte nei tricolori dei tre caduti di Nassirya il Gesù Cristo in croce della piccola cappella del Policlinico militare del Celio. Sotto il suo abbraccio da ieri mattina giacciono i feretri del maggiore della Folgore, Nicola Ciardelli, e dei marescialli dell’Arma, Carlo De Trizio e Franco Lattanzio. Al Crocifisso si rivolgono le preghiere dei familiari, raccolti ciascuno su due file di sedie disposte ai lati di ogni singola bara. Piangono lacrime infinite, stretti nei loro abbracci, gli occhiali scuri calati sugli occhi. In fondo, alle spalle del picchetto d’onore, la corona di fiori inviata dal presidente della Repubblica, Ciampi. I primi ad arrivare sono i parenti di Lattanzio, poi gli altri. L’apertura al pubblico è prevista per le 10, ma poi viene slittata di tre quarti d’ora, bisogna fare entrare per primi i rappresentanti dello Stato e della Difesa. Ci sono il generale dei carabinieri, Luciano Gottardo, il capo di Stato Maggiore della Difesa, Gianpaolo Di Paola, il capo di Stato maggiore dell’Esercito, Filiberto Cecchi. «Sono giornate di grande lutto per tutto il Paese - dice quest’ultimo -. Questi ragazzi sono, erano, dei fedeli servitori dello Stato, quindi meritano il rispetto e la gratitudine di tutti noi». Arriva il sottosegretario Gianni Letta che si sofferma in silenziosa preghiera. Pochi minuti e lo raggiungono il leader della Margherita, Francesco Rutelli, quindi Romano Prodi, Piero Fassino e Massimo D’Alema. Tocca a loro, espressione diretta del governo eletto coi voti di chi ha sempre attaccato l’impegno italiano in Irak, rendere tributo «ufficiale» alle vittime dei terroristi in nome d’Allah. Prodi e D’Alema entrano in auto dalla porta carraia, preferiscono evitare il contatto coi cronisti. Fassino attraversa a piedi il piccolo cortile che conduce al sagrato. Taglia corto: «Non posso dire nulla». Non risparmia le parole, invece, nel pomeriggio, il senatore Francesco Cossiga. Che affonda: «Sono qui a rendere omaggio ai nostri caduti nel silenzio della camera ardente per convinzione personale e per antichissima tradizione familiare. Ma non andrò ai funerali di Stato. Dico “no” alle ipocrisie di Stato». Il vecchio «picconatore» che ha raggiunto la navata appoggiandosi ad alcuni carabinieri, dice: «Chiudiamo subito questa pagina di divisione della coscienza nazionale con il ritiro delle nostre unità dall’Irak. Se possibile, non nominiamo sottosegretario alla Difesa l’onorevole Caruso o qualcun altro di quelli che nelle piazze sono andati a gridare “Dieci, cento, mille Nassirya”. Lo raccomando a Prodi. E d’ora innanzi, lascino stare i caduti e i loro familiari». Dopo Cossiga, arriva il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa. Più tardi sarà al Celio anche il ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu. Il neopresidente del Senato Franco Marini ha fatto sapere, invece, che renderà omaggio oggi ai tre militari uccisi. La camera ardente, infatti, resterà accessibile dalle 9 alle 19. Domani i funerali si svolgeranno alle 10.30 nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, in piazza della Repubblica. «Giovanna, la moglie di Ciardelli - racconta il tenente Mara Sampietro, psicologo militare che da subito le è stato vicino - è molto forte e fiera. Dice di immaginare Nicola sorridente, perché è orgogliosa di lui. Le dà forza il piccolo Nicolò di appena due mesi. Sa che non deve trasmettere tristezza al suo bimbo». Nicolò insieme al cuginetto Matteo, figlio della sorella di Nicola, verrà battezzato mercoledì mattina nella chiesa di S. Nicola, a Pisa, davanti alla bara del padre, per il quale verrà celebrata una seconda messa. «La vedova Ciardelli è una donna eccezionale», dice una signora in fila per entrare. «È il simbolo della fiducia incondizionata in questi uomini». Militari, moglie e mamme, soprattutto anziani, mazzi di fiori e coccarde tricolori alla mano, arrivano al Celio in un lento e sommesso pellegrinaggio.

Chi indossa la divisa dei parà, chi stringe un cappello dei carabinieri. Padre Asunis nella messa di chiusura, ricorda: «I militari sono il giardino più bello che Dio ha creato». Intanto, sul registro delle presenze qualcuno scrive: «Addio eroi».

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