Quandera in vena di confidenze si autocelebrava come un «Papa secolare», il grande Papa incompreso del nucleare. Se anche i Papi sbagliano il direttore uscente dellAiea Mohammed El Baradei ne è lespressione migliore. Durante i suoi 12 anni alla testa dellAgenzia internazionale per lenergia atomica ben due Stati canaglia si son fatti beffe di lui, dellagenzia dellOnu e dei suoi ispettori. Prima cè riuscita la Corea del Nord, assemblando e sperimentando due bombe nucleari. Ora ci prova lIran, che saluta El Baradei annunciando la costruzione di dieci nuovi siti per larricchimento delluranio.
Lui, legiziano dalla faccia di bronzo, non fa una piega. Ripulisce il suo ufficio, fa posto al giapponese Yukiyo Amano - nominato fin dallo scorso luglio suo successore - e saluta tutti con il sorriso e la soddisfazione di chi in fondo è convinto di aver salvato le creature del mondo.
I titoli a suo dire non gli mancano. Dopo la memorabile intervista al New York Times in cui si definì «Papa secolare», il 67enne avvocato di fede musulmana non rinuncia neppure a spacciarsi per un novello e islamico Francesco DAssisi. «Quando mi chiedono come interpreto il mio ruolo penso spiegò ad un allibito giornalista al cantico in cui si dice Signore fammi uno strumento della tua pace». E da bravo unto del Signore Mohammed El Baradei difficilmente si lascia sconfessare. Prendiamo il nucleare iraniano. Da quando, nel 2002, ne emergono le prime evidenze il suo unico, granitico motto resta «Non sono state trovate prove». Ma potrebbero anche non essere state cercate. O peggio esser state ignorate.
AllAiea di Vienna circola da mesi un dossier semiclandestino sulla «Dimensione militare dei progetti iraniani» curato dal suo stesso numero due, il fisico nucleare finlandese Olli Heinonen. Il documento indaga sugli esperimenti iraniani per sviluppare detonatori nucleari e analizza i piani segreti 110 e 111, nomi in codice dei progetti per alloggiare una testata atomica su un missile di tipo «Shahab 3».
Gran parte delle rivelazioni contenute nel rapporto provengono dai dati nascosti in un computer portatile fatto arrivare in Turchia nel 2005 da uno scienziato dissidente iraniano. Quei dati recuperati dalla Cia e passati allAiea sono sempre stati liquidati come inattendibili da El Baradei che non ha esitato a mettere in un angolo chi come Heinonen voleva verificarli. Lo scontro tra El Baradei e il gruppo dellAiea meno indulgente con Teheran raggiunge lapice quando Olli Heinonen fa visionare a 35 esperti internazionali un filmato del misterioso computer. In quel filmato, datato 2004, gli scienziati iraniani simulano al computer lesplosione di una testata a circa 600 metri daltezza, la più efficace per un attacco nucleare. Ma per far cambiare idea a El Baradei ci vuole altro. La determinazione con cui rintuzzò i tentativi americani di provare lesistenza di un progetto nucleare nelle mani di Saddam gli garantirono le eterne simpatie delle «anime belle» del pacifismo e gli spianarono la strada al premio Nobel per la Pace del 2005. Da allora minimizzare è la sua specialità. A settembre Teheran ammette, prima di essere preso in contropiede dallintelligence occidentale, lesistenza del sito nucleare di Qom mai denunciato allAiea. A novembre gli ispettori visitano quellantro a prova di bomba scavato nel cuore di una montagna. Per linossidabile El Baradei «non cè nulla di cui preoccuparsi... è solo - spiega candidamente - un buco nella montagna».
Lo stesso candore non vale per gli israeliani. Ad ottobre mentre è in visita a Teheran definisce Israele «la minaccia numero uno del Medio Oriente per la quantità di armi nucleari possedute». E a rendere ancor più ambiguo e sospetto il suo ruolo contribuiscono le indiscrezioni su un piano segreto concordato con le autorità iraniane pubblicate sul Times lo scorso 17 novembre.
Stando alle rivelazioni El Baradei voleva terminare in bellezza i suoi tre mandati ai vertici dellAiea presentandosi come il garante di un accordo grazie al quale lIran fingeva di rinunciare ai piani nucleari e lOnu in cambio annullava tutte le sanzioni.
La scoperta delle installazioni segrete di Qom ha mandato tutto allaria. E allora limperturbabile El Baradei si chiude la porta alle spalle e ammette la verità evidente a tutti da anni. «La trattativa con Teheran è in un vicolo cieco».
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