«Se vogliamo che tutto rimanga comè, bisogna che tutto cambi», scriveva Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo. Una lezione che il governatore-commissario della Regione Lazio, Piero Marrazzo, sembra conoscere molto bene, a giudicare dagli interventi posti in essere nel settore sanitario. Un esempio: le lungaggini delle liste dattesa.
«Siamo ormai allo stato d'emergenza», afferma Ivano Giacomelli, segretario nazionale del Codici (il Centro per i diritti del cittadino), che non esita a definire le strutture sanitarie pubbliche «al collasso». Nel dicembre 2008, insieme ad altre associazioni dei consumatori, il Codici aveva diffuso i dati del Rapporto sui tempi d'attesa per le prestazioni sanitarie nel Lazio. Una documentazione dalla quale emergevano a chiare lettere gli abissali ritardi intercorsi tra la data di prenotazione di una visita o di un esame diagnostico e il giorno dell'effettiva prestazione. Attraverso interviste dirette agli utenti del servizio sanitario, affiorava che nel mese di febbraio al San Camillo, per un esame di reumatologia, occorrevano 225 giorni di attesa. Nella clinica odontoiatrica George Eastman, invece, per un'ecografia bisognava attendere 117 giorni, per una visita odontoiatrica ne bastavano 68. Che cosa è cambiato, a distanza di oltre un anno e mezzo?
Come riportato ieri dal Giornale, attualmente allEastman per curare una carie tocca pazientare 6 mesi. Ovvero, la paralisi del sistema. «Un qualsiasi utente che per un esame o una visita urgente deve attendere tanto tempo - dichiara Giacomelli - è costretto ad effettuarlo privatamente». Di conseguenza, «non si presenterà alla visita», con il risultato che «di fatto esistono liste d'attesa vuote», con nessuno che ne usufruisce a causa di «una tempistica fittizia che in concreto blocca il servizio».
Ma non è certo finita qui: le criticità elencate dal segretario nazionale del Codici sono molte altre. Si va «dallassoluta mancanza di reali controlli» sugli appalti, come quello per i servizi tecnici delle Asl che richiede un impegno di spesa di 7 milioni di euro per la Pisana, alla pratica dell'intramoenia (l'attività medica privata che viene svolta all'interno della struttura sanitaria pubblica). Con questultima che «contribuisce allallungamento dei tempi dattesa». Poi ci sono i costi per lacquisto di strutture e macchinari « nuovi e tecnologicamente competitivi», ma senza che siano previsti fondi «per la manutenzione degli stessi, con il risultato che appena si rompono» rimangono a prendere polvere.
Cambiare tutto perché nulla cambi.
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