L’allarme degli psicologi americani: «I cani soldato sono super depressi»

L’allarme degli psicologi americani: «I cani soldato sono super depressi»

Chi ha vissuto un grave trauma psichico può soffrire della sindrome da stress pot-traumatico. Inizialmente lo stress post-traumatico era imputato agli eventi bellici e le sue conseguenze devastanti hanno cominciato a essere chiare dopo la fine della guerra in Vietnam, quando i cosiddetti «veterani» mostravano ansia, ossessioni, abuso d’alcol e aggressività repressa o manifesta, anche ad anni di distanza dal loro ritorno in patria. Chi ha visto, sopportato o praticato ogni sorta di orrore, come s’inserisce poi nella vita «normale»? Una ricerca recente degli inglesi ha stimato che oltre il 20% dei soldati, che hanno combattuto per soli quattro mesi in Afghanistan, soffre della sindrome traumatica postbellica e spaventa il fatto che il 75% di loro si rifiuti di ricorrere alle terapie, credendo di farcela da solo, fino al tracollo mentale.
Quello che non si sapeva, fino a poco tempo fa, è che anche i cani da guerra, dispiegati dall'esercito americano in Afghanistan, si ammalano più o meno come i soldati. Nonostante i veterinari conoscano da molto tempo i disturbi comportamentali del cane, il concetto di sindrome post-traumatica da stress bellico risale a diciotto mesi fa ed è, ancora oggi, oggetto di discussione scientifica. Chi però sta convincendo la maggior parte dei ricercatori, sono gli stessi soldati dell'Afghanistan e dell'Iraq che vedono, con i loro occhi, questi cani dopo avere partecipato a eventi come scontri a fuoco o esplosioni a distanza ravvicinata. Proprio come per gli uomini, ogni individuo manifesta sintomi diversi, mediati dal carattere, dal tipo di addestramento e soprattutto dall'entità dell'evento stressante. Ci sono cani che diventano ipervigilanti e iperansiosi. Non dormono più, pattugliano continuamente le aree dove prima mangiavano e prendevano sonno alla ricerca di un pericolo inesistente, le orecchie dritte, le pupille dilatate, i muscoli della bocca sempre increspati nella inequivoca posizione di chi è pronto ad attaccare. Ci sono cani invece che evitano gli edifici e le aree di lavoro dove prima si trovavano in perfetto equilibrio con il proprio conduttore. Altri ancora si gettano sulla loro brandina e non la lasciano più per intere giornate: non escono dagli edifici, si rifiutano di mangiare e di bere per diversi giorni e si abbandonano a quella che viene incontrovertibilmente indicata dai soldati come vera e propria depressione mentale. Alcuni cani cambiano completamente temperamento e possono diventare aggressivi nei confronti del loro conduttore mentre altri ancora divengono timidi e sottomessi a ogni persona che incontrano. Alcuni non riescono più a compiere le mansioni per le quali sono stati addestrati, mettendo in pericolo, nel momento cruciale, i soldati che contano su di loro magari per individuare una bomba inesplosa. «Si tratta di cani addestrati a trovare ordigni esplosivi artigianali. Quando sembra che stiano cercando mentre invece non lo stanno facendo affatto, non è a rischio solo la vita del cane, ma anche quella di umani», ha affermato parlando con il New York Times il dottor Walter Burghardt, primario di medicina comportamentale all’ospedale militare per cani da lavoro Daniel Holland, nella base aerea di Lackland, in Texas. Gli americani fanno largo uso di pastori tedeschi, belgi e labrador per le operazioni belliche. Si pensi solo al blitz dei Navy Seals che ha portato all'uccisione di Osama bin Laden, in Pakistan, lo scorso maggio. Un labrador fu una pedina essenziale dell'operazione. Ora però anche i cani sono psichicamente provati.

Oltre il 5% soffre di chiari disturbi mentali e verrà ritirata dal servizio. Di positivo c’è che non potranno rifiutare le cure e che mai imbracceranno un kalashnikov entrando in una scuola per fare una strage «immotivata».

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