L’allarme dei ginecologi: «Boom di aborti fai da te»

Il presidente della Federazione: incontrollato il ricorso ai farmaci, ormai è troppo facile procurarseli

da Milano

Tornano le mammane. E ora non sono più solo oscure praticone, ma anche ginecologi compiacenti che operano nei loro studi privati, lontano dagli occhi indiscreti. Ma c’è anche di peggio: chi non ha neppure i soldi per pagare queste soluzioni alternative, si rivolge a «mamma Internet» per procurarsi medicinali che provocano i cosiddetti aborti farmacologici, pericolosi per la salute della donna ma sempre più diffusi tra giovanissime ed emarginate. «È un fenomeno in crescita ed incontrollato e molto pericoloso per la salute della donna» ammette il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) Amedeo Bianco.
Il motivo di questo ripiego? In una distorsione della legge: «Probabilmente – spiega Bianco - una piena applicazione della 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza eviterebbe il diffondersi di tali fenomeni». In pratica, la legge non è sempre garantita nella sua applicazione. E l’alto tasso di obiettori di coscienza che, attuando un loro diritto, rifiutano di praticare l’aborto pongono ostacoli organizzativi non facili da superare. Nelle strutture sanitarie pubbliche, infatti, risulta obiettore il 60% dei ginecologi, il 46% degli anestesisti e il 39% del personale non medico. La presenza di così tanti obiettori negli ospedali allunga le liste di attesa per fare un aborto e favorisce così indirettamente, secondo molti ginecologi, il ricorso all’aborto clandestino e soprattutto a quello farmacologico. Si tratta di cosiddetti farmaci off-label, impiegati per un utilizzo differente rispetto a quello per cui sono nati. «È il caso delle prostaglandine: principi - spiega Bianco - presenti in medicinali destinati alla cura dell’apparato gastrico (anti-ulcere), ma che possono avere anche un effetto abortivo soprattutto all’inizio della gravidanza». Le prostaglandine sono acquistabili dietro prescrizione medica ma il problema è che sono facilmente reperibili in mercati clandestini e su Internet.
Gli esperti di farmacologia avvertono che si tratta di un pericolo serio, un uso improprio di farmaci che sono destinati ad altre funzioni col rischio di provocare effetti collaterali imprevedibilmente gravi. I rischi maggiori sono quelli relativi a forti emorragie e infezioni.
Bruno Mozzanega, ginecologo della clinica ostetrica di Padova, obiettore di coscienza conferma questa pratica «alternativa». E racconta la sua esperienza. «Nel nostro ospedale ho curato donne con gravi emorragie in atto che hanno poi confessato di avere introdotto nella vagina delle pastiglie di misoprostol, una prostaglandina, per alcuni giorni, fino all’arrivo della mestruazione». Dopo che è successo? «Le gravidanze si sono interrotte ma questo farmaco ha causato delle emorragie gravi e queste donne hanno avuto bisogno di trasfusioni».
Mozzanega denuncia: «L’uso dell’aborto farmacologico è molto diffuso e il farmaco si compra in farmacia». Verifichiamo con mano se il medico è bene informato. La medicina c’è davvero, si acquista con poco più di 14 euro. Noi l’abbiamo ottenuta addirittura senza ricetta medica, accusando una gastrite e sostenendo di aver ricevuto l’indicazione dal medico di base al telefono. E le micidiali pastigliette (50 in ogni confezione) sono pronte all’uso. Per scopi ben diversi da quelli consigliati dal produttore.

Ma se il farmacista non è sprovveduto, c’è sempre Internet a dare una mano: «Basta digitare la parola misoprostol e si possono trovare dei siti americani che descrivono l’efficacia del farmaco nell’uso abortivo - spiega Mozzanega -. Ma non basta. Si consigliano anche le indicazioni per l’uso: quattro capsule da 200 mcg al giorno in vagina per due o tre giorni, la stessa dose che un malato di ulcera utilizza quotidianamente».

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