L’allarme dei vescovi: lo Stato non riconosca i matrimoni poligami

Il segretario della Cei Betori critica in Parlamento il progetto di legge sulla libertà religiosa: contrario alle nostre tradizioni

da Roma

I vescovi temono che in nome della libertà religiosa si arrivi ad attribuire effetti civili anche ai matrimoni poligami arrivando a una «omologazione» tra confessioni e religioni tra loro molto diverse che non è «coerente con la Costituzione» e con il «sentimento della popolazione» italiana. È una critica serrata – anche se formulata con «intento costruttivo» nella speranza di arrivare a una «soluzione condivisa» – quella che ieri mattina il segretario della Cei Giuseppe Betori ha sviluppato durante i lavori della Commissione Affari costituzionali nei confronti del progetto di legge sulla libertà religiosa proposto dal deputato ulivista Roberto Zaccaria.
Ecco le critiche punto per punto. Innanzitutto, «l’introduzione del principio di laicità addirittura quale fondamento della legge sulla libertà religiosa», un principio fino ad oggi «estraneo al lessico normativo, che non risulta espressamente sancito né a livello costituzionale né a livello di legislazione ordinaria», in quanto, come si evince dai pronunciamenti della Corte Costituzionale, è il diritto alla libertà religiosa che invece «concorre a strutturare il principio di laicità», e non viceversa.
Hanno poi suscitato le perplessità e le riserve dei vescovi i passaggi della proposta di legge che definiscono per la prima volta il matrimonio delle confessioni acattoliche quale «matrimonio religioso con effetti civili, mentre è sempre stato considerato e disciplinato, più correttamente, quale matrimonio civile celebrato in forma speciale». Rispondendo a una domanda su questo tema, durante il dibattito che è seguito al suo intervento, monsignor Betori ha specificato che «la tradizione giuridica italiana vede una specificità nel matrimonio cattolico, da cui vengono fatti derivare diritti civili. Nel testo della proposta di legge, invece, c’è un capovolgimento esplicito perché viene assunto come paradigma in tutti i matrimoni». «Penso a quelle confessioni – ha aggiunto il numero due della Cei – che prevedono un matrimonio di carattere poligamico. Come poter attribuire tout court un riconoscimento con effetti civili al loro matrimonio?»
Betori ha precisato che per la Chiesa cattolica «non è in discussione assicurare il pieno rispetto della libertà religiosa, che è esigenza insopprimibile per l’uomo», anche perché la garanzia di questo diritto «costituisce la condizione per una pacifica convivenza e per una corretta laicità», ma ha pure osservato che le disposizioni previste dalla legge, come ad esempio la creazione di un «registro delle confessioni e della relativa iscrizione, nonché dei “diritti delle confessioni” iscritte in tale registro», introducono «per tutte le confessioni un regime giuridico sostanzialmente analogo a quello bilateralmente previsto per la confessione cattolica dal Concordato e dalle Intese», e talvolta persino «migliorativo». In questo modo «la dichiarata finalità di garantire l’eguale libertà delle confessioni religiose si traduce in una normativa che prevede una sostanziale omologazione tra realtà assai differenziate e comporta una tendenziale riconduzione al diritto comune della disciplina del fenomeno religioso».
Un’omologazione che potrebbe risultare inadeguata «rispetto alle problematiche determinate dalla diffusione di nuovi movimenti religiosi e delle sette, come pure rispetto alle questioni legate al fenomeno della intercultura e della multietnicità».
Il segretario della Cei ha quindi fatto notare che «l’esigenza di favorire l’integrazione dei nuovi gruppi e quindi la pacifica convivenza non deve tradursi in forme di ingiustificato cedimento di fronte a dottrine o a pratiche che suscitano allarme sociale e che contrastano con principi irrinunciabili della nostra civiltà giuridica».


Oltre a Betori, ieri sono stati invitati a intervenire in Commissione i rappresentanti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Entrambi hanno espresso apprezzamento per l’impostazione della proposta di legge.

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