L’allarme di Obama: «Sanità per tutti o caos»

PERFORMANCE Il capo della Casa Bianca non è riuscito a emozionare e appariva sulla difensiva

L’allarme di Obama: «Sanità per tutti o caos»

È andato in onda in conferenza stampa nell’ora di massimo ascolto e ora molti si chiedono perché lo abbia fatto. Non tanto sui contenuti. Barack Obama in campagna elettorale aveva promesso che avrebbe riformato il sistema sanitario americano, introducendo la copertura universale, come già avviene in Europa, ed è stato di parola. O perlomeno ci prova. Tra le molte leggi varate fino ad oggi, è quella che più gli sta a cuore.
E mercoledì ha provato a spiegare perché. Il presidente americano ritiene che l’attuale sistema di assistenza basato sul programma di salute per gli anziani (Medicare) e per i poveri (Medicaid) sia insostenibile e inefficiente, perché costa moltissimo (oltre 2.200 miliardi) e lascia senza copertura 48 milioni di americani.
«Io non voglio un sistema che nei prossimi dieci anni farà raddoppiare i costi del sistema sanitario e che oltre a escludere sempre più cittadini farà esplodere il deficit pubblico», ha dichiarato. «Questa riforma è centrale per rilanciare l’economia statunitense. E sono pronto ad accogliere le proposte di tutti. Quello che so, però, è che va fatta al più presto, entro la fine dell’anno». Ha precisato che la tassa per coprire i costi «sarà pagata solo dalle famiglie che guadagnano più di un milione di dollari all’anno» e ha garantito che il deficit pubblico «non aumenterà».
Ma è mancato il coinvolgimento emotivo. Il presidente che sa affascinare le folle, l’altra sera è apparso pedante, noioso, sempre sulla difensiva, secondo i commenti praticamente unanimi della stampa. «Il leader che in passato ha saputo superare le difficoltà, mostrandosi grande, ieri è apparso piccolo», ha scritto Politico. E non è difficile capire perché: da quando ha annunciato i piani di riforma sanitaria, il gradimento è crollato di 15 punti, passando da 70 a 55. Non solo: Obama ha ripetuto più volte che il successo della sua presidenza dipenderà in gran parte dalla riforma del sistema sanitario, ma i numeri non sono dalla sua parte: se si votasse oggi la proposta rischierebbe di essere bocciata. Infatti sulla carta il partito democratico gode di una maggioranza molto ampia, ma su certi temi, come questo, le divergenze tra le diverse fazioni sono profonde e quando si tratta di stato sociale, molti deputati conservatori, provenienti per lo più dagli Stati del sud, tendono a votare con i repubblicani.
Per questo Obama di fatto ha già ammorbidito la propria posizione. Avrebbe desiderato che il Congresso votasse prima della pausa di agosto, ma ora ha spostato il termine alla fine dell’anno. Voleva che le tasse riguardassero i redditi sopra i 350mila dollari e ha alzato il limite a un milione di dollari. Aveva promesso di combattere l’influenza delle lobby e di trasmettere sulla tv del Congresso C-Span i colloqui con l’industria sanitaria, ma ha già avuto una trentina di incontri con i rappresentanti del settore e tutti rigorosamente a porte chiuse.


Obama si rende conto che la campagna di persuasione lanciata sui media da società di Pubbliche relazioni, per conto delle assicurazioni private, è molto efficace e, a malincuore, si rende conto che il tabù dello Stato provvidenza è ancora profondamente ancorato nell’opinione pubblica americana.
Ma ormai si è lanciato: «La riforma o sarà il caos», ha ammonito ieri. Non può ritirarsi, non può rinviare ulteriormente. L’epilogo più probabile è un nuovo compromesso, ben impacchettato naturalmente.

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