L’alleato Il Senatùr in campo

RomaAlla parola pensioni Umberto Bossi, con la naturalezza con cui schiaccerebbe il pulsante dell’ascensore, alza il dito medio. E Mario Monti premier? Pernacchia. Il Senatùr ha esordito così, nel grande giorno delle consultazioni al Quirinale, maldisposto con i giornalisti alla Camera e scorbutico come nei giorni peggiori. Però ha anche espresso qualche concetto. Pochi ma efficacissimi, come sempre. Sia i messaggi non verbali che quelli verbali. Sulle pensioni il gestaccio già spiegava tutto, ma nelle ore di vorticose ipotesi sulle ultime misure anticrisi da decidere per convincere l’Europa sulla tenuta dei conti italiani, il leader della Lega ha chiarito che se si tocca la previdenza il Carroccio fa «scoppiare la rivoluzione di sicuro». Non si può togliere niente «ai lavoratori che hanno sempre lavorato per dare i soldi a Roma».
Chi si aspettava però una Lega tentennante o traditrice si è trovato di fronte un Bossi lineare nelle sue convinzioni degli ultimi tempi. Nessuna apertura sulle pensioni, ma nemmeno nessuna simpatia per un eventuale governo tecnico guidato da Monti, spernacchiato. Poca voglia di ragionare su possibili passi indietro di Berlusconi («no comment») anche perché secondo Bossi «lui non lo fa, inutile chiedere, tanto quello non lo fa». È stato Bossi il primo ad anticipare che oggi alla riunione del G20 il premier porterebbe un decreto legge che traduce in soluzioni la lettera di intenti già presentata a Bruxelles. E al vertice ristretto di ministri in mattinata a palazzo Chigi ha partecipato anche Roberto Calderoli, l’uomo della Lega più a stretto contatto con Berlusconi e Tremonti in queste ore decisive per l’economia e la politica interna.
L’intervento del capo dello Stato «va bene, ma bisogna vedere quello che significa», ha aggiunto il capo leghista, che poi ci ha anche scherzato su: «Noi non siamo stati invitati perché siamo troppo saggi». Andare al Colle, poi, «a fare che?», ha aggiunto. La Lega è stata convocata da Napolitano per questa mattina, ma ieri evidentemente Bossi aveva voglia di prendere in giro i giornalisti, o Napolitano. Dato che la battuta del Senatur stava creando però un malinteso politico, è stato lo stesso Bossi in serata a chiarire: «Andiamo al Quirinale domani mattina (oggi ndr)».
Quanto alla tenuta dell’esecutivo, ieri in transatlantico non circolava grande ottimismo tra i leghisti, che però, pur non volendo le elezioni, le ritengono preferibili e più probabili di un governo tecnico. Ma di certo la Lega non si sfila adesso. Ieri il governatore veneto Luca Zaia ha rilanciato la proposta di Bossi per creare le gabbie previdenziali, con una differenziazione Nord-Sud: «Io penso - ha detto - che oggi l’uscita dalla crisi passi attraverso il valore delle comunità. E il default rischia di pesare più al Nord che al Sud. Prima della crisi, la Banca d’Italia diceva che il potere d’acquisto di un cittadino del Nord, a parità di stipendio con un cittadino del Sud, era di circa il 20% inferiore». La prima ricetta anticrisi è dunque «l’autonomia estrema». Con un futuro incerto davanti, il Carroccio dà colpi di coda per riportarsi nel terreno dell’elettorato fedele.
Elettorato che sembra aver trovato una chiave ottimista alla crisi europea, a giudicare dai messaggi in rete: «Prepariamoci, la Padania è vicina», scriveva ieri sulla pagina Facebook di Radio Padania un ascoltatore, Fabrizio Barban.

«Non tutti i mali vengono per nuocere - commentava anche Arnaldo Mariotti - stavolta salta l'euro, salta l'Europa, salta l'italia e nasce la Padania federale».
Ma i dirigenti sanno bene che i sondaggi in questo momento non sorridono alla Lega. E allora meglio alzare il medio, ma non mollare.

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