Sono rimasti per secoli negli scantinati di palazzi e musei in giro per l'Europa, ma un tempo erano il vanto dei loro signori e banco di prova dei migliori artigiani fiamminghi, specializzati nell'arte della tessitura: sono gli arazzi rinascimentali dei Gonzaga, che da domenica fino al 27 giugno tornano a Mantova, esposti in mostra a Palazzo Te (info: www.centropalazzote.it). C'è voluta tutta la certosina pazienza del belga Guy Delmarcel, tra i massimi esperti in materia, che ha cominciato a studiare la collezione di arazzi dei Gonzaga più di trent'anni fa, per scovare ed esporre il tesoro tessile dei signori di Mantova. Quella dell'arazzo non fu infatti in passato un'arte minore: i tessuti preziosi, in seta e colori sgargianti, erano molto ricercati dai nobili del Cinquecento. I committenti non badavano a spese e inviavano loro personali agenti nel Nord Europa per valutare i pezzi migliori e richiedere opere con soggetti personalizzati: ad Anversa e a Bruxelles il mercato degli arazzi era fiorente e proprio il ducato di Mantova costituiva una delle committenze migliori per gli artigiani delle Fiandre. I soggetti richiesti? I fiamminghi, da sempre cultori del dettaglio e dei particolari, amavano tessere scene campestri, ma le loro abili mani sapevano riprodurre con grazia anche storie bibliche o leggende eroiche: talvolta, le rappresentazioni scaturivano da bozzetti di disegni firmati dai grandi artisti dell'epoca.
La mostra «Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento. Da Mantegna a Raffaello e Giulio Romano» espone una trentina di arazzi, compresa la collezione permanente (18 pezzi) custodita nel palazzo Ducale della città: si tratta di opere dalle grandi, a volte enormi dimensioni. «Ogni visitatore potrà rivivere l'autentico spirito del Rinascimento attraverso questa esposizione e, come i Gonzaga, godere di una vista di rara bellezza, da riempirsi gli occhi», ha commentato Guy Delmarcel che ha poi raccolto in un volume, scritto insieme con Clifford Brown, l'intricata vicenda relativa alla riscoperta degli arazzi dei Gonzaga, sparsi in Italia e all'estero e sovente appartenenti a collezioni private (Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento edito come la guida alla mostra dalla casa editrice Skira). Se è vero che sono tanti gli arazzi esposti, va detto che si tratta comunque di poca cosa rispetto a quelli che gli storici annoverano nel patrimonio della famiglia ducale, che nel periodo aureo a metà del Cinquecento poteva contare su una collezione di oltre quattrocento pezzi. Furono soprattutto i figli di Isabella d'Este e Francesco II Gonzaga a dedicarsi al collezionismo di arazzi: Federico II, che volle erigere Palazzo Te, il cardinale Ercole e Ferrante Gonzaga (quest'ultimo ebbe un ruolo importante nella nostra città: divenne governatore di Milano e fondò il nobile ramo dei Guastalla) ebbero collezioni davvero imponenti e preziosissime. Purtroppo non sono giunte a noi per intero: gli arazzi, considerati un tempo affreschi mobili da attaccare alle pareti e da trasportare da un palazzo all'altro, negli anni moderni furono relegati a espressione artistica minore. Sovente mal conservati, se non addirittura lasciati incustoditi nei sottoscala di palazzi nobiliari in seguito a traslochi e spostamento, gli arazzi dei Gonzaga sono perlopiù andati perduti. Questa mostra ha dunque il merito di restituire dignità a un'arte che nel Rinascimento incantava i signori tanto quanto la pittura: tra i pezzi in mostra nelle suggestive sale di Palazzo Te spiccano i nove arazzi sugli Atti degli Apostoli, realizzati su cartoni di Raffaello per la Cappella Sistina e la cosiddetta Annunciazione di Chicago, del 1470, pregiato arazzo in arrivo dall'America e considerato il più antico pezzo di gusto rinascimentale.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.