L’altra Milano del basket Quando Jura e compagni guidavano gli «straccioni»

(...) dove in via Procaccini c’era troppa umanità indimenticabile quando pensavi che fossero in quattro gatti. Strano raduno per combattenti e reduci del basket che a Milano era nobiltà se smaniavi per l’Olimpia Simmenthal di Adolfo Bogoncelli e Cesare Rubini, che era appunto sogno se accettavi la sfida della minoranza inventata dalla famiglia Milanaccio che nel 1960 scoprì la serie A con il gruppo guidato da Romano Forestieri, uno che veniva dall’altro mondo, ma poi si era portato dietro tanti ragazzi che non avevano più luce fra le scarpette rosse. Da Brega a Bic Pessina, da Mauri a Zappelli, Rossitto, Pescarmona, Scheiola, Bepi Stefanini, Rucano, Gnocchi, Galletti, Volpato, Lucio Ongaro, e persino i grandi capitani Riki Pagani e Sandro Gamba.
Avevano preso vita nella Cantinetta dove la stella del vivaio prima fu Zanatta e poi altri ragazzi che, nel giorno del falli mento, furono presi del Simmenthal come Benfatti o il povero Borlenghi, si erano mischiati a molti venuti da Varese con Rico Garbosi, da Ossola a Gatti , Rodà, Gergati, Guidali, Veronesi e Toto Bulgheroni, ospitando il gigante Dal Pozzo, il sindaco Ma socco, Farina, Barlucchi, erano diventati qualcosa che aveva fatto nascere l’idea della rivolta nei più giovani, stanchi della dittatura di quelli che erano davvero i migliori, due ragazzi che nel 1980 accompagnarono l’altra Milano del basket all’ultimo ballo in serie A e poi hanno continuato a crederci anche se quella squadra era sparita 17 anni dopo la meravigliosa nascita. Due giovani poi diventati giornalisti, due come Stefano Olivari, classe 1967, combattente della vita senza compromessi e quindi senza premi, e Giorgio Specchia, classe 1966 che oggi si occupa di motori alla Gazzetta, ma quando deve sognare pensa ai suoi campioni di allora. S’innamorarono di Chuck Jura, il figlio dello sceriffo che arrivava dal Nebraska, ma volevano sapere tutto di quel loro amore e sono andati a cercare, ricostruendo una storia che meritava di essere scritta e, in un mondo sportivo più emancipato, dovrebbe essere la base per costruire di nuovo qualcosa di speciale.
Hanno scelto l’inferno del ricordo senza speranza facendosi aiutare da Giovanni Milanaccio, figlio del grande Valentino, Fiorenzo Galletti, Romano Forasteieri, Guido Carlo Gatti il marchese che volava, Joe Isaac la prima vera stella al di fuori dell’olimpo biancorosso della corte Rubini, Marino Zanatta nato nella Milano povera e diventato campione con la grande Ignis, Geremia Giroldi, Eligio De Rossi sempre alle prese con la sua bulimia esistenziale,il professor Dido Guerrieri, vero Virgilio per portarci nel mondo dei «cugini di campagna», quelli che dall’altra parte del cielo chiamavano gli Straccioni senza voler offendere, ma per distinguere due realtà che al basket hanno fatto soltanto del bene.
Erano belli nella loro finta bruttezza, meravigliosi anche quando sembravano angeli dalla faccia sporca, cattivi abbastanza per combattere nella parte alta della classifica, per vincere qualche derby, così lontani dalla retorica come dice Dido nei suoi meravigliosi taccuini, dall’esaltazione acritica, e anche da certe logiche provinciali.In via Procaccini ci siamo camminati un po’ sui piedi, perché ad organizzare anche quando erano quasi re non sono mai stati dei draghi, ma almeno l’altra Milano ha lasciato una traccia scritta che la centenaria Olimpia oggi di Armani dovrebbe almeno copiare, se chi la governa oggi avesse almeno l’umiltà di ricordare un passato che è diventato storia.
L’altra Milano in una birreria non lontano dalla vecchia sede. Amici per sempre, aspettando che Caspani, uno dei grandi sponsor ai tempi della Mobilquattro, prima della Xerox e dell’Isolabella diventata brutta, tenga fede alla promessa per organizzare la partita della memoria al Palalido, oggi sede e casa per sempre degli altri, invitando Chuck Jura, l’uomo dei 7000 punti, mandandolo in campo con Joe Issaci quello che ne ha segnati più di 3000, un gradino sopra il migliore italiano di sempre il de Rossi che con 2467 punti precede Giroldi, Gatti e Beppe Gergati.

Faceva caldo, ma ci sentivamo più freschi vedendo tanti amici che davanti alla storia scritta, alle tante cifre, ai tanti nomi si fermavano a sognare, pronti a volare, pronti a non dimenticare.
« L’altra Milano» dall’oratorio a Jura, la generazione della pallacanestro di Stefano Olivari e Giorgio Specchia».

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