L’altro Michelangelo: schizzi e rime pensando alla Pietà

Eccezionalmente longevo fu Michelangelo Buonarroti che, quando iniziò a lavorare alla sua ultima Pietà, quella Rondanini, aveva quasi 80 anni. Un record, se consideriamo che nel Rinascimento l’età media di un maschio difficilmente superava il mezzo secolo. A guardarla oggi, quell’opera lascia ancora sgomenti per l’essenzialità delle forme grezze che tanto l’avvicinano alla scultura contemporanea; un abisso, un’altra mano verrebbe da dire, rispetto alla piena classicità della più celebre (ma forse non più affascinante) Pietà eseguita con l’energia e l’ottimismo dei vent’anni e che oggi è visitata nei Musei Vaticani. Il Castello Sforzesco, che nel suo pregevole museo d’arte antica si vanta di conservare quella scolpita dal Buonarroti negli ultimi mesi prima della morte, ha da tempo acceso i riflettori sugli altri volti del maestro, quelli meno conosciuti e talora inediti. L’ultima occasione, dopo il Cristo ritrovato e il Michelangelo architetto, è arrivata ieri con la presentazione di una serie di opere degli ultimi 15 anni, quando l’artista aveva ormai alle spalle i grandi capolavori e si era ormai chiuso nello studio e nella meditazione spirituale. L’ultimo Michelangelo, presentato proprio nelle sale del museo d’arte antica a cura di Alessandro Rovetta e alla presenza dell’assessore Massimiliano Finazzer Flory, sembra tutto riassunto nella raccolta di disegni, incisioni, schizzi e sculture che circondano la Pietà Rondanini, e in qualche modo la giustificano. In quegli anni, Buonarroti aveva completamente abbandonato la pittura, se per pittura intendiamo capolavori assoluti come il Giudizio o il Tondo Doni. Quanto alla scultura, invece, preferì coltivarla soltanto in privato, lontano dalle grandi commissioni, come analisi introspettiva e quasi filosofica del tema religioso. Crocifissioni, deposizioni, resurrezioni e madonne con bambino erano diventati il leit motiv delle sue opere grafiche che una mostra intelligente affianca alle rime spirituali di quegli ultimi anni, in particolare quelle attestate da alcuni fogli provenienti dalla Biblioteca vaticana. Per quanto riguarda i disegni, una cinquantina di cui 25 autografi, risulta di particolare intensità il ciclo di studi per le Crocifissioni, ma anche quelli sul tema della Pietà: dai disegni databili agli anni Trenta, alle incisioni e agli schizzi che documentano l’elaborazione della celebre Pietà per Vittoria Colonna, fino alle esigue ma significative attestazioni grafiche che preparano alla Pietà Rondanini, passando attraverso la Pietà Bandini - quella che il maestro in preda all’ira distrusse a martellate - e la discussa Pietà di Palestrina.

«Queste opere aiutano a capire la genesi dell’idea che, con la Pietà Rondanini, Michelangelo tenta di realizzare in marmo - dice il direttore del Settore Musei Claudio Salsi - un’idea difficile e controversa che mostra lo scultore in lotta con sè stesso». Un Michelangelo in parte ancora inedito, ancora da riscoprire.

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