Politica

L’ambasciatore Usa sbugiarda la ritirata dell’Unione sull’Irak

Il diplomatico rivela: i leader mi hanno assicurato in privato di voler proseguire la missione. Nessuna smentita, rissa a sinistra

Anna Maria Greco

da Roma

Quante facce ha Romano Prodi sulla futura politica estera dell’Unione? Una zapaterista e l’altra filoamericana? Dopo il caso-Afghanistan, che ha fatto insorgere Fausto Bertinotti e non solo, è il caso Irak a creare scompiglio nel centrosinistra. Sul ripudio della guerra e sulla dottrina-Bush litigano l’ala più moderata e quella pacifista e ci si chiede come troveranno un programma comune.
Tutto succede perché un Grillo Parlante si diverte a «sbugiardare» i vertici dell’Unione sulla volontà di ritirare le truppe dall’Irak, all’indomani dell’eventuale vittoria elettorale. Si chiama Ronald Spogli ed è il nuovo ambasciatore degli Usa a Roma. Racconta, in un’intervista sulla Stampa, che in questi giorni ha avuto varie conversazioni con i leader dell’opposizione e che nemmeno loro hanno intenzione di far tornare subito a casa i nostri militari, se andranno al governo. «Li ho trovati - assicura Spogli - molto prudenti, appoggiano la missione in Irak, vogliono capire meglio, ma sono convinto che qualunque governo ci sarà, l'Italia non rinuncerà ad appoggiare il governo iracheno».
Poche frasi che provocano una levata di scudi nell’opposizione, dai Ds alla Margherita, dai Verdi al Prc. «Non c'è discussione nell’Unione - replica Fausto Bertinotti - sul ritiro delle truppe italiane dall'Irak, se un ambasciatore americano ha detto qualcosa al riguardo sono fatti suoi». Il leader del Prc è convinto che il suo schieramento abbia già stabilito, «in modo ufficiale», il ritiro delle truppe. «Se qualche singolo esponente - aggiunge - vuole dire qualche cosa sono fatti suoi». Bertinotti ha già attaccato il Professore per le sue «idee datate» sull’Afghanistan e i Balcani, dopo l’annuncio di voler mantenere lì i nostri militari e lo ha invitato a uscire allo scoperto, riconoscendo che «l’Atlantico è più largo». Ma sull’Irak, prima della dichiarazione di Spogli, concordava con Prodi sulla necessità di aprire le consultazioni per una decisione comune, in un programma non «calato dall’alto». Ora, però, non vuole aprire un altro fronte e lascia alla collega di partito Elettra Deiana il compito di chiedere chiarimenti sulle dichiarazioni di Spogli, «così categoriche e così deflagranti rispetto alle attese del vasto popolo della pace».
Dalla Quercia anche Famiano Crucianelli, della commissione Esteri della Camera, sollecita gli esponenti di rilievo del centrosinistra a smentire, per eliminare ogni equivoco. «Sono dichiarazioni - dice l'esponente della sinistra Ds - sorprendenti e gravi. O l'ambasciatore mente e la cosa è di enorme gravità, oppure i leader dell'opposizione praticano la doppia verità: una per gli italiani e l'altra per l'ambasciata americana».
Ma nessuno nei vertici risponde all’appello. Però il Ds Giuseppe Giulietti , responsabile per la Comunicazione delle primarie, dichiara: «Non so a cosa si riferisca l'ambasciatore Spogli: sul tema delle truppe italiane in Irak non si è svolto alcun incontro dell'Unione alla presenza di Prodi. Un tema di tale delicatezza non potrebbe che essere affrontato in una sede formale e appropriata di tutta l'Unione. Non so se l'ambasciatore sia stato tratto in errore da colloqui privati con singoli esponenti dell'alleanza».
Rosi Bindi «interpreta» il Professore, dicendo che sull’Irak s’impone una modifica del quadro internazionale. «Noi non vogliamo abbandonare l'Irak - spiega l’esponente della Margherita - vogliamo essere presenti ma con le Nazioni Unite e con l'Europa, non con le forze che hanno fatto la guerra».
Il coordinatore dei Verdi, Paolo Cento, accusa l’ambasciatore Usa di un «tentativo di ingerenza negli affari del nostro Paese da parte dell’amministrazione Bush». «Sono frasi provocatorie - aggiunge - visto che l'Unione ha già dichiarato pubblicamente che, se vincerà le elezioni, disporrà subito un piano di ritiro delle nostre truppe dal teatro di guerra iracheno».
Ma la posizione dell’opposizione è proprio così chiara? O, alla fine, s’identifica con quella dell’attuale governo, ribadita dal sottosegretario Udc alla Difesa, Francesco Bosi: « È difficile dare una data precisa per il ritiro del contingente italiano dall'Irak, ma sicuramente c'è una tendenza a diminuire le presenze via via che le condizioni complessive di sicurezza vanno migliorando. Le fasi del futuro ritiro italiano verranno concordate con gli alleati e con il governo iracheno».

Forse, anche nell’Unione, sottoscriverebbero.

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