L’America riscopre Cosby, il re dello humour «Le mie battute fanno ridere bianchi e neri»

Quando Bill Cosby, l’anziano re dell’umorismo tv neroamericano, è andato alle urne per eleggere il presidente, ha portato con sé le foto dei genitori e del fratello Jessie, morto a otto anni nel ghetto nero di Filadelfia, dove Cosby era cresciuto. I suoi genitori erano anch’essi scomparsi molti anni fa. Chiudendosi la tendina alle spalle, pronto a votare, il comico ha tirato fuori le fotografie e ha bisbigliato: «Oggi votate per Obama anche voi». Uscendo è stato accolto dagli applausi dei fan, e un’anziana signora nera lo ha voluto persino abbracciare: «Se non fosse stato per lei, Bill - ha detto in lacrime - Barack non ce l’avrebbe mai fatta». L’attore s’è quasi commosso. «Sono vecchio, non ho fatto gran che - ha detto Cosby che ha appena compiuto 71 anni - Obama fa parte della nuova generazione di neri».
Ma senza Cosby, senza le sue lotte sociali a suon di umorismo, di serial televisivi e musica, l’America non si sarebbe mai tolta di dosso il razzismo. E oggi Cosby, che credeva di essere vicino al pensionamento, viene osannato da cinema e tv come un pioniere della politica nera, poiché prima di Oprah Winfrey e degli Oscar neri, ha aperto la strada alla black America.
«No, no», ha risposto modestamente Cosby, primo nero nella storia americana a vincere nel 2002 la medaglia d’onore presidenziale, il più alto riconoscimento aggiudicato da un civile. «Non è stato merito mio, anche se non mi sono mai arreso nella mia lotta per ispirare i giovani neri, soprattutto quelli che, come me, non hanno avuto una figura paterna».
Colby la sua parte l’ha fatta a partire dal 1984, quando ha prodotto ed interpretato il primo show nero trasmesso nel prime time serale: The Cosby show narrava la storia di un ginecologo (Cosby) sposato con un’avvocatessa e con 5 figli. Ma già prima aveva già conquistato il cuore degli americani. La sua storia, come quella dell’infanzia di Obama, è una storia di coraggio. Suo padre si era arruolato in Marina, sua madre lavorava e lui, a sei anni, già cucinava per i suoi fratellini. Aveva abbandonato gli studi per arruolarsi anche lui in Marina, ma si era pentito e aveva ottenuto una borsa di studio sportiva all’università Temple. Negli anni Sessanta era arrivato a New York: nel Greenwich Village Cosby faceva cabaret e lì fu scoperto da un produttore televisivo.
Sapeva cantare e i suoi album di jazz gli hanno fruttato tre Grammy. La televisione gli aveva offerto una parte senza precedenti: nella serie I spy era diventato il primo protagonista nero di un dramma televisivo, aggiudicandosi tre Emmy. Poi c’era stata la sua biografia, un best seller intitolato Fatherhood, nel quale ha ricordato ai neri l’importanza di fare da padre ai propri figli.

E adesso che l’America avrà un presidente nero Cosby sentirà ancora la necessità di lottare per la sua minoranza? «No - risponde l'attore -; il sorriso di Obama sul sigillo presidenziale dirà già tutto. Ma io continuerò ad educare i produttori televisivi, che sul mondo dei neri hanno ancora molte cose da imparare».

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