Aveva promesso un’America più verde e Barack Obama è stato di parola. A modo suo, come sempre. Il verde non è luminoso come aveva promesso durante la campagna elettorale, ma, tenue. Eppure il voto di ieri della Camera dei rappresentanti è storico; perché l’America cambia rotta sull’ambiente.
George Bush era convinto che l’effetto serra non esistesse e che l’aumento della temperatura dell’atmosfera fosse da addebitare unicamente a fattori ciclici di lungo periodo. Barack Obama, invece, è persuaso che la lotta al riscaldamento globale sia non solo moralmente doveroso, ma indispensabile per scongiurare il rischio di una catastrofe climatica che molti scienziati ritengono sempre più probabile. E non ha mai accettato che proprio l’America vanificasse gli sforzi dei Paesi che si sono impegnati a rispettare i parametri di Kyoto.
La Casa Bianca vorrebbe dimostrare di voler assecondare le intenzioni della comunità internazionale o perlomeno dei principali Paesi industrializzati. Il pacchetto prevede infatti misure meno severe rispetto a quelle europee. Ma ieri alla Camera il voto è andato per le lunghe. Mentre scriviamo, Obama sta cercando di convincere i deputati a un sofferto «sì».
Le resistenze continuano a essere fortissime e non sono soltanto ideologiche. Le lobby dei petrolieri e quelle dell’industria hanno scatenato una vera e propria guerra di resistenza, che ha finito per erodere la maggioranza democratica alla Camera dei deputati, dove ben 30 deputati hanno votato con l’opposizione repubblicana. E alla Camera alta sarà ancora più difficile ottenere la maggioranza.
Un risultato i gruppi di interesse lo hanno comunque ottenuto: il testo definitivo è molto più accomodante rispetto alla versione originaria. Prevede che le emissioni di biossido di carbonio debbano essere ridotte del 17% entro il 2020, un obiettivo tutt’altro che ambizioso. Solo entro il 2050 (ovvero tra 41 anni) la percentuale salirà all’83%. Verrà creato un mercato dei diritti di inquinamento, che saranno venduti alle industrie meno pulite, sul modello del Trattato di Kyoto che permette agli Stati che non rispettano i parametri di acquistare quote da quelli molto virtuosi. Tuttavia l’85% di questi proventi sarà utilizzato per proteggere i consumatori contro un eventuale aumento dei prezzi dell’energia che l’Ufficio del Congresso, un organismo rigorosamente bipartisan e molto credibile, stima ad appena 175 dollari all’anno a famiglia.
Solo il 15% sarà investito in nuove tecnologie, attraverso una Banca Verde ovvero un nuovo Ente statale dotato di un capitale iniziale di 7,5 miliardi. E ancora: i Paesi in via di sviluppo riceveranno aiuti economici per scoraggiare la deforestazione tropicale, mentre sarà modificata la normativa edilizia per coibentare le case di nuova costruzione negli Stati Uniti.
Sì, il verde è davvero pallido e lo stesso Obama lo ha ammesso ieri sera: «C’è ancora molto da fare per migliorare l’efficienza energetica». E per convincere un’opinione pubblica tutt’altro che compatta. Milioni di americani sono schierati con l’ex vicepresidente Al Gore, che ha vinto il Nobel per la Pace per il suo impegno ambientalista, ma molti continuano a diffidare delle previsioni di scienziati che in passato non si sono mostrate molto affidabili. L’anima degli Stati Uniti non è ancora del tutto ecologista.
Tuttavia il voto di ieri equivale a una dichiarazione d’intento che fino a un anno fa sembrava inverosimile. E permette a Obama di riconquistare influenza e legittimità a livello internazionale.
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