L’analisi Il declino italiano? Solo una falsificazione

Lo ha detto a chiare lettere, Cesare Geronzi: l’affermazione secondo cui è in atto un declino italiano non corrisponde all’articolazione complessa della situazione economica e sociale del Paese, fatta di chiari e scuri. E soprattutto la formula del declino non corrisponde a quel rigore delle cifre e dei dati che l'analisi economica richiede. La crisi da cui siamo partiti era finanziaria, ha portato con sé quella economica e successivamente quella sociale. Tuttavia, sbaglia chi crede che si possa tornare facilmente allo status quo ante.
«Il governo ha correttamente salvaguardato l’equilibrio della finanza pubblica», ha spiegato il presidente delle Generali in un complesso ragionamento che ha intersecato la macroeconomia con l'analisi gestionale del mercato del credito. Ora, occorre far decollare «il momento dello sviluppo», perché, «dobbiamo necessariamente crescere di più». Per lanciare parole chiave della sua visione, Geronzi ha scelto un pubblico particolare. Mille studenti in un’affollatissima aula magna della facoltà di Economia della Sapienza, laddove si è laureato un bel pezzo di classe dirigente italiana. Una vera lectio voluta dal preside Attilio Celant e dal dipartimento Banche e Assicurazioni che ascrive docenti di livello europeo (Paola Leone, Franco Tutino, Marina Brogi, Ida Panetta) e nel quale mi onoro di tenere un corso. Geronzi ha mostrato visione portando la sua analisi oltre i dati numerici, ma valutando tutti i problemi sul tappeto: la politica monetaria e di cambio; la politica fiscale; la regolamentazione di sistema.

L’economia, in questa fase, richiede uno sforzo culturale che apra nuove prospettive capaci di superare il fallimento del dirigismo e del liberismo esasperato. Una vera exit strategy è possibile solo con uno scatto di mentalità perché nulla sarà mai come prima.

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