L’analisi Se i leghisti ritornano a essere i veri ambientalisti

Fanno discutere alcune prese di posizione in chiave ambientalista di importanti esponenti della Lega, in apparente contrasto con la politica della coalizione di governo. È invece solo la riemersione in veste di attualità elettorale di convinzioni e sentimenti più profondi che da sempre percorrono il movimento padanista.
Autonomismo e ambientalismo sono ovunque intimamente connessi, spesso con manifestazioni e prese di posizione assai più radicali di quelle leghiste. La ragione si ritrova nelle radici culturali localiste che non separano le esigenze di autonomie politiche ed economiche da quelle di qualità del territorio: così si rifiutano interventi ritenuti centralisti come certe "grandi opere" o forme non consone con la tradizione locale. L'esempio più estremo di questo atteggiamento sono le violente reazioni degli indipendentisti corsi contro gli insediamenti turistici francesi nell'isola. In questo rientra anche lo sforzo che tutte le culture autonomiste compiono per difendere le tipologie architettoniche locali, dalla Bretagna al Tirolo. Non è un caso che la Provincia di Bolzano sia molto prodiga di regolamenti che salvaguardino l'aspetto più tradizionale del paesaggio.
Ma esiste anche un collegamento con più generali istanze ecologiche non strettamente legate al posto. Negli anni '70 aveva avuto grande fortuna il progetto di Ecotopia, da formarsi con la secessione degli Stati del nord-ovest americano in reazione alla devastazione ambientale di cui era accusato il governo centrale: era solo un'intelligente provocazione culturale che ha però lasciato il segno in tutto il mondo autonomista più attento e meno ideologizzato, e che ha generato una interessante versione postmoderna dell'antico scontro campagna-città, visto come antitesi al centralismo rappresentato dall'urbanizzazione selvaggia. Esso ha prodotto ad esempio la difesa dei prodotti locali, dei dialetti, della agricoltura biologica, in un interessante amalgama identitario che ha messo assieme il ruralismo e l'indipendentismo gandhiano con il localismo e l'autonomismo occitanista di Bovet.
L'ambientalismo "ufficiale" italiano ha sempre giocato un ruolo del tutto diverso. Prigioniero di legacci ideologici progressisti e marxisti, non ha mai saputo darsi una dimensione localista né autonomista. I verdi italiani sono sempre stati comunisti, mondialisti e nemici di ogni difesa della cultura locale.
C'è invece un antico filone cultural-popolare che percorre sotto traccia la storia italiana: da strapaese a momenti che hanno favorito il fascismo e la Dc, da Guareschi a Marcora. Esso è vivo e aumenta la sua forza a fronte dell'aggressione mondialista, della centralizzazione del potere, dell'oppressione fiscale e - soprattutto - dell'immigrazione, in una visione semplicistica ma efficace in cui cormorani, extracomunitari, Ogm ed Equitalia formano un'unica minaccia alla libertà e qualità del proprio paese.
La Lega aveva interpretato benissimo queste pulsioni inserendole fra i punti più importanti del suo programma iniziale, prendendo posizioni dure contro talune "grandi opere" (era stata la prima ad appoggiare i "no tav") e producendo interessanti iniziative di riforme urbanistiche. Si ricorda l'intelligente provocazione del presidente leghista della Regione, Paolo Arrigoni, che aveva proposto di trasformare l'intera Lombardia in parco affermando così allo stesso tempo l'importanza "ideologica" di tutto il territorio ed eliminando le odiose discriminazioni portate dalle delimitazioni delle aree protette.
Negli ultimi tempi la spinta si era un po' affievolita ma essa ricompare grazie alla sua forte carica ideale. Sono in questo esemplari le prese di posizione di Zaia, non a caso provenienti da uno dei migliori ministri dell'Agricoltura di sempre e da una regione di antica gloriosa tradizione strapaesana. Con le sue affermazioni sulle centrali nucleari e sugli Ogm, Zaia non ha solo fatto riaffiorare l'animo più profondo della base leghista e di una ampia fetta della società padana, ma ha anche affermato con forza che la Regione deciderà da sé e che lui deciderà sulla base delle esigenze del territorio: una carta giocata con abilità che gli consente di recuperare consensi fra gli autonomisti e fra gli ecologisti.

E che, soprattutto, ridà vigore alla solida anima ambientalista della Lega e introduce finalmente nel dibattito politico un ambientalismo serio al posto delle cialtronate comuniste cui ci avevano abituato alcuni decenni di verdi da salotto e da centro sociale.

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