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L’analisi Sul gossip l’opposizione teme l’autogol

RomaLa parola d’ordine del fronte anti-Berlusconi non è e non deve essere «bunga bunga». Su questo sono tutti d’accordo, dal Pd a Gianfranco Fini, passando per Repubblica. Anzi, è stato il quotidiano di Largo Fochetti - dopo avere lanciato con tutti i crismi il «caso Ruby» - ad aggiustare la rotta e a dare ieri la linea: «Abuso di potere». Il ferro caldo da battere non sono i festini di Arcore, ma quello della presunta telefonata del premier alla Questura di Milano per far rilasciare la bella marocchina accusata di furto. Una vicenda che può diventare un’arma utile a mettere in difficoltà la Lega e far vacillare l’asse con Berlusconi: come potranno il ministro dell’Interno Maroni e il Carroccio anti-immigrati coprire il premier se il fattaccio fosse dimostrato? Una cosa sembra certa: stavolta si cercherà di evitare l’errore dei tempi di Noemi, e non si tenterà di scalzare il premier tuffandosi nel gossip pecoreccio: come il passato recente dimostra, si rischia di rafforzare il Cavaliere anziché decapitarlo, facendogli addirittura fare la figura del perseguitato, colpevole solo di «amare le donne e la vita», come lui stesso rivendica.
E poi, raccontano autorevoli esponenti dell’opposizione, Fini ha spiegato chiaramente che non ci sta a tentare l’assalto finale sul terreno scivoloso dei costumi privati e dei presunti favoritismi sentimentali: «Teme fortemente - dice un dirigente Udc - che possa trasformarsi in un boomerang contro di lui. E non ha tutti i torti». Ecco perché l’ipotesi di una mozione di sfiducia al premier sul «caso Ruby», che ieri mattina aveva sparso il panico anche nel Pdl («Se i finiani la appoggiassero, da noi inizierebbe il fuggi fuggi») è rapidamente rientrata. L’unico ad averne parlato esplicitamente è stato Tonino Di Pietro, che dal suo punto di vista ha tutto da guadagnare a fare la mossa. Il Pd, invece, ha frenato, dopo aver raccolto le resistenze di Casini («Se Fini ci sta non possiamo non starci, ma dubito che lo farebbe ora») e soprattutto lo stop di Futuro e Libertà: «Non ci accoderemo a un’iniziativa di Idv e Pd». Se e quando giungerà il momento giusto per «staccare la spina», e solo con la ragionevole certezza di detronizzare il premier ma di non andare al voto, Fini vuole farlo in proprio e «su un tema alto, come quello della legalità e della riforma della giustizia». Il redde rationem è rimandato, e il premier lo sa. Così ieri, mentre infuriavano le chiacchiere sul «bunga bunga», Berlusconi e Fini si sfidavano a distanza sui poteri del pm.

Col presidente della Camera che tuonava da Bari in difesa delle toghe e il premier che faceva sapere di essere pronto al confronto in aula: «Se non c’è accordo nella maggioranza sul macigno giustizia, parlerò in Parlamento». Sapendo che quello potrebbe essere il momento dell’Ok Corral.

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