L’anatema della Cabala contro Sharon

«Soffocalo fino a far morire lui e il suo spettro», recita la preghiera. L’ultima volta il rito si tenne davanti alla casa di Rabin, che pochi mesi dopo fu ucciso

L’anatema della Cabala contro Sharon

Gian Micalessin

Notte, luna piena, riverberi d’argento tra le lapidi antiche del cimitero di Rosh Pina. Là sotto riposano le ossa dei primi coloni, i padri fondatori di Rosh Pina, il primo insediamento d’Israele sorto in terra di Galilea 123 anni fa. Là sopra dieci ombre cupe, dieci rabbini barbuti intabarrati nei mantelli neri, scivolano tra i sepolcri. Si fermano concionano, poi un salmodiare lento riempie il cimitero di frasi e minacce antiche. «Soffocalo fino a far morire lui e il suo spettro», gorgoglia una voce in aramaico. Le altre la seguono, mescolate in un cantico aspro e gutturale. La maledizione antica dimenticata nei libri polverosi della cabala riprende corpo, rivive in quell’angolo ancestrale di Israele. È la Pulsa de Nura, la staffilata di fuoco, l’esorcismo mortale che in Zohar, uno dei testi classici della cabala, è riservata a chi mette in pericolo il suo stesso popolo.
È successo giovedì notte tra le tombe di Rosh Pina, a metà strada tra le sponde settentrionali del lago di Tiberiade e le alture del confine libanese. Ma non è stata una rappresentazione né una messa in scena. Per il rabbino Yoshe Dayan e i suoi nove compagni di liturgia quel rito è l’estrema risorsa per fermare il ritiro israeliano da Gaza, per far fuori il traditore Ariel Sharon, per salvare il sogno di un «Grande Israele» dalle grinfie di un nuovo «despota» sordo ad ogni richiamo religioso. Dunque anche per lui maledizioni e staffilate di fuoco. Yoshe Dayan e i suoi amici ci provarono la prima volta dieci anni fa. Quella volta l’anatema, appositamente resuscitato dai testi cabalistici, risuonò davanti all’abitazione dell’allora primo ministro Ytzhak Rabin. Qualche mese dopo un estremista religioso, confortato dalle parole dei rabbini, gli scaricò la pistola nello stomaco. Lo stesso potrebbe toccare ora a Sharon, diventato il principale nemico di estremisti e invasati religiosi.
A far tremare i pragmatici servizi di sicurezza israeliani non sono quei versi antichi e la loro discutibile energia malefica, ma la loro capacità di sedurre menti e animi già accesi dal delirio. Lui, Yoshe Dayan, il rabbino che da mesi minacciava di riproporre anche per Sharon la ricetta della Pulsa de Nura, ora minimizza tutto. «Non siamo sicuri che abbia conseguenze, non ci resta che aspettare per vedere se le nostre preghiere saranno accolte dal Cielo».
Che non possa funzionare, almeno non nel senso inteso dall’agitato Dayan, lo conferma la gran parte dei rabbini meno politicizzati. Per loro quella recita notturna è una carnevalata. «Nessun rabbino o cabalista ha il diritto di pronunciare una maledizione mortale, secondo la Torah un ebreo può esser mandato a morte solo per la violazione di alcune specifiche leggi bibliche, ma solo dopo esser stato giudicato e condannato da un sinedrio». Ovvero da quella corte religiosa mai più ricostituitasi dopo la distruzione del secondo tempio. Ma la Pulsa de Nura fa paura perché è solo l’ultimo di mille tentativi di delegittimazione lanciati dai coloni e dai loro padrini contro il primo ministro. Non a caso dopo la recita notturna qualcuno si è sentito autorizzato a far girare la voce di un improvviso infarto, e domenica il primo ministro ha dovuto interrompere il consiglio dei ministri per dimostrare di essere ancora vivo.
Ieri invece uno schieramento di coloni ha accolto con un lancio di sacchetti della spazzatura il generale Yisrael Weiss, capo cappellano militare arrivato nell’insediamento di Gush Katif per preparare lo sgombero dei 48 resti di ebrei sepolti nel cimitero dell’insediamento. Il trasferimento delle salme, uno degli atti più toccanti dell’esodo dalle colonie, è considerato anche una delle fasi più delicate e rischiose dell’operazione ritiro. Un’operazione che molti vorrebbero veder completata nel più breve tempo possibile.

Affrontando davanti a una commissione parlamentare il tema di una possibile accelerazione del ritiro, il comandante di Gaza generale Dan Harel ha assicurato ieri di poter provvedere allo sgombero degli 8.500 coloni della Striscia in tre settimane.

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