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L’Andalusia ha paura dell’Islam vietato fare la festa a Maometto

Roberto Pellegrino

da Madrid

La paura per il radicalismo islamico ha avuto il sopravvento su una tradizione spagnola che si ripete da oltre sette secoli. È accaduto in Andalusia, la regione meridionale della Spagna, storicamente legata alle conquiste arabe e tuttora abitata da numerosi immigrati musulmani. La regione, il cui nome deriva dalla parola araba Al Andalus, da secoli rappresenta per l’Islam il simbolo di ottocento anni di occupazione della penisola iberica, come aveva ricordato Osama Bin Laden, ma per gli spagnoli è anche la terra dove si svolgono grandi manifestazioni folkloristiche che festeggiano la Reconquista della penisola e la liberazione dal giogo arabo. Ma il clou di queste celebrazioni in molti comuni andalusi consiste nel far esplodere in mille pezzi la testa del profeta Maometto, fatta di cartapesta e alta tre metri. È uno spettacolo pittoresco e di gran effetto, molto sentito nella sua ritualità e tradizione e che da secoli si ripete in centinaia di feste paesane tra settembre e ottobre. Ma ieri a Boicarent, vicino Valencia, e a Beneixama, in provincia di Alicante, il rito è stato «epurato» proprio della parte dell’esplosione dalle autorità locali, preoccupate che il gesto potesse essere ritenuto offensivo agli occhi del radicalismo islamico e, quindi, produrre pericolose conseguenze. «Così come stanno le cose, conviene andare con i piedi di piombo», ha detto Augustin Belda, organizzatore della festa di Boicarent.
Un timore che ha contagiato anche diversi comuni andalusi, tanto che, secondo quanto riportato dalle agenzie spagnole, altri sindaci hanno deciso di attenuare le manifestazioni simbolicamente violente e offensive nei confronti degli ex dominatori mori. Ad Alcoi e Banyeres de Mariola, secondo la tradizionale festa, una statua di Maometto veniva gettata dalla torre del castello o dalla fortezza della città.
E le paure sono diventate più consistenti quando una decina di giorni fa, l’ex premier del Partito popolare José Maria Aznar, parlando da Washington e commentando il progetto di Zapatero della Alleanza delle civiltà, aveva denunciato che l’Islam, «mentre pretende le scuse per le vignette e le frasi del Papa, non ha mai chiesto perdono per aver conquistato e occupato per otto secoli la Spagna». Aznar, proponeva l’idea di «non creare altre alleanze, ma di rafforzare quella Atlantica se c’è bisogno di difenderci». Ma le sue parole in difesa dell’Occidente cristiano non hanno prodotto un soprassalto di orgoglio nazionale negli spagnoli, ancora segnati dalla psicosi delle stragi dell’11 marzo e sempre più intenzionati a eliminare qualsiasi rischio che possa irritare il mondo arabo. Tuttavia esiste una parte dell’opinione pubblica spagnola che rifiuta il concetto di cieca sottomissione alla paura islamica.

Nel sito blog del quotidiano 20 Minutos, si leggono commenti come questo: «Che pena questo Paese! Dopo tutto quello che abbiamo fatto per ottenere la libertà, ora indietreggiamo e va a finire che dovremo dare ragione alla destra o rivolgerci verso la Mecca».

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