Neanche a metà della convalescenza, il Cav annuncia il suo rientro con una birichinata. Pare abbia detto agli intimi di volersi ritirare da premier facendosi sostituire da Angelino Alfano, il Guardasigilli. All’origine ci sarebbe la strizza che il Berlusca si è presa per il Duomo in faccia lanciato dallo psicolabile Tartaglia. «Tra la vita e Palazzo Chigi scelgo la vita, mandando al mio posto il giovane Angelino». Così avrebbe sussurrato il Cav secondo un articolo di Italia Oggi nell’edizione di ieri. Uno scoop mirabile e una bufala certa. Non che l’autore se lo sia inventato, ma di sicuro è stato menato per il naso. Bonaiuti, il portavoce, ha infatti smentito sorridendo: «È una favola natalizia uscita ora anziché a Ferragosto come accade normalmente».
Il pesce d’aprile dicembrino finisce qui, ma merita una spiegazione. Il Cav è in gran forma e semina zizzania per confondere gli avversari interni. Il primo nel mirino è Gianfranco Fini, considerato il successore naturale. Poiché da mesi fa le bizze, è come se gli dicesse: «O fili dritto, o uno per scalzarti lo trovo quando voglio. Anzi ce l’ho già: è Angelino, il mio pupillo». Cosa c’è di meglio di un giovanotto di 39 anni, venti meno di te caro Fini, e dalla parlantina facile quanto e più della tua, Gianfranchino mio?
Questo il primo messaggio. Il secondo invece è diretto proprio ad Alfano ed è di questo tenore. Da anni, ti faccio bruciare una tappa dietro l’altra. Per te ho perso l’affetto di Gianfranco Miccichè, il mio ex proconsole in Sicilia. Ti ho messo al suo posto nell’isola e fatto perfino ministro della Giustizia. E tu che fai? Meni il can per l’aia. Il Lodo che porta il tuo nome è stato bocciato dalla Consulta dalla quale ti sei fatto infinocchiare. Fossi stato furbo avresti previsto in anticipo che i giudici pretendevano una legge costituzionale anziché una ordinaria. Così, sono nelle peste. Devi ancora, Angelino, farti le ossa. Accelera, se no sarò costretto a cambiare cavallo. E che mi dici della riforma della Giustizia? Sono mesi che tergiversi. Il Csm è lì con tutti i suoi difetti. La separazione delle carriere è in alto mare. Per coprire le cosiddette Procure di frontiera - che i pm sfuggono come la peste - avevi promesso un decreto legge già per l’estate scorsa. Ma chi l’ha visto? Hai perso tanto di quel tempo che mi costringi adesso a inciuciarmi con il Pd per fare le «riforme condivise». Sai pure tu che è l’anticamera del nulla. Se avessi presentato a suo tempo disegni di legge su separazione, Csm ecc., potremmo adesso discutere sul nostro testo e col coltello dalla parte del manico. Così, invece, ci toccherà un’interminabile manfrina che difficilmente porterà a qualcosa di buono. Se faremo un buco nell’acqua a fallire saremo noi, non loro. Sai bene che quando maggioranza e opposizione hanno fatto le cose insieme - vedi tutte le Commissioni per le riforme dagli anni Ottanta a oggi - sono stati altrettanti naufragi. L’unica riforma andata in porto - quella sul Titolo quinto della Costituzione - l’ha fatta la sinistra da sola, alla chetichella e con il nostro voto contrario. Svegliati Angelino! Se no, come ti ho pupillato, ti defenestro.
Questo è l’avvertimento e il significato dell’uscita del Cav, sempre che ci sia stata realmente. In ogni caso, si tratterebbe di un benevolo pizzicotto. Il Berlusca ama davvero lo spilungone siciliano. Ne fu colpito il giorno stesso in cui Micciché glielo presentò una sera ad Arcore nel 2001. «Ma davvero lei è siciliano? La sento parlare italiano», gli disse sorpreso e compiaciuto. Così, lo nominò seduta stante suo segretario e pochi mesi dopo lo fece deputato.
Angelino è agrigentino e di lombi democristiani. Il padre, insegnante (come la mamma), era un fanfaniano e fu vicesindaco della sua città. Angelino, però, dopo la laurea in legge alla Cattolica di Milano, non ne seguì le orme per impossibilità. Quando volle entrare in politica anche lui, la Dc era scomparsa sotto le mazzate di Tangentopoli. Eravamo nel ’94 e il Cav era appena sceso nell’arena. «Mi sono unilateralmente innamorato di lui. Un innamoramento da tubo catodico», ossia attraverso gli schermi tv, ha raccontato aggiungendo: «La comparsa di Berlusconi mi ha distolto dalla Dc e salvato dal triste esodo in uno dei partitini della diaspora democristiana».
Attraverso Miccichè, Angelino si mise sotto l’ala del Cav. Grazie a Miccichè divenne pure deputato all’Assemblea nazionale siciliana. Man mano però erose il potere dell’amico e lo sostituì nel cuore del Cav. Oggi l’ha completamente scalzato e tra loro c’è un’inimicizia profonda. Insomma, è uno che tira dritto. Inoltre, sa come deve comportarsi un siciliano del Duemila. Ha più volte fatto professione di assoluta antimafiosità. Nel 2005 gridò in tv: «La mafia mi fa schifo» e precisò: «Appartengo a una generazione che andava alle elementari quando hanno ucciso Mattarella, alle medie quando hanno ammazzato il generale Dalla Chiesa, all’università quando sono saltati in aria Falcone e Borsellino. Noi abbiamo il marchio a fuoco dell’antimafia». Udendolo, il Cav si entusiasmò proclamando: «Finalmente ho trovato chi mi può sostituire in tv». Ovviamente - come accade a ogni siciliano che si mette in vista - provarono a «mascariare» pure lui. Nel 2002 comparve infatti un video che lo ritrae a un matrimonio siculo del ’96 mentre baciava gli sposi e anche un tale, padre della sposa, capomafia di Palma di Montechiaro. Angelino spiegò: «Ero invitato dallo sposo e non conoscevo né lei, né il padre». Il tentativo abortì e la sua figura non ne fu minimamente appannata.
Per anni, Alfano lavorò sodo e in silenzio nel partito. In ogni intervista, faceva dichiarazioni d’amore al Cav. Al sottoscritto ha detto: «Berlusconi ha l’inimitabile capacità di trasferire nell’interlocutore le proprie grandi visioni». Poi, aggiunse: «Agisce per costruire, non per distruggere». Irrefrenabile, concluse: «È unico. Molti meriti gli sono riconosciuti, molti di più gliene riconosceranno gli storici».
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