«L’antidoto esiste e funziona: fra tre mesi l’Italia sarà pronta»

Il professore che ha messo a punto il siero: «Nessuna pandemia all’orizzonte, ma infermieri e medici dovrebbero immunizzarsi per precauzione»

Enza Cusmai

da Milano

Punto numero uno: il vaccino contro l’influenza stagionale non copre l’eventuale virus dell’influenza aviaria. Punto numero due: medici, infermieri, poliziotti, pompieri, tutti quelli a contatto con il pubblico dovrebbero fare il vaccino contro l’influenza aviaria anche se la pandemia non è all’orizzonte. Lo dice Giuseppe Del Giudice, responsabile della sierologia al centro ricerca della Chiron, nonchè stretto collaboratore del dottor Rino Rappuoli, direttore del centro ricerche.
Dottore, i cinici penseranno subito che l’esortazione a immunizzarsi contro la cosdidetta peste dei polli è di parte. La Chiron sta preparando per il governo italiano più di 26 milioni di dosi di vaccino e allora...
«Chi pensa di far soldi su una pandemia è un criminale. Io spero che non arrivi mai. Ma visto che siamo persone serie dobbiamo prepararci al peggio. E sarebbe opportuno prendere in considerazione l’ipotesi che le categorie socialmente utili possano essere vaccinate al più presto per evitare che vengano messe fuori uso il giorno in cui arrivasse la pandemia. Le altre considerazioni ciniche sono irrilevanti. Comunque se uno vuol fare soldi non produce vaccini ma farmaci».
Teniamo buona precisazione. Come fate ad essere sicuri che il vaccino immunizza davvero dalla peste dei polli?
«Noi conosciamo bene il virus H5N1 che ora terrorizza il mondo. Abbiamo fatto delle prove cliniche su centinaia di persone già dal ’97 quando i primi casi di influenza aviaria sono apparsi a Hong Kong senza suscitare alcun clamore. Ora tutti ne parlano solo perché si è ammalato qualche pollo in Romania».
E com’è andata la sperimentazione?
«Benissimo. Il vaccino è ben tollerato. A parte qualche bruciore locale dovuto all’iniezione nessun volontario ha avuto effetti collaterali».
Ma come fate ad affermare che il vaccino funziona?
«Lo iniettiamo in adulti sani, poi prendiamo il siero di questi soggetti in cui si sono creati degli anticorpi che in vitro sono in grado di ammazzare il virus».
Dopo quanto tempo il vaccino funziona?
«La più grossa fetta di risposta si ha nell’arco di un mese, dopo due dosi di vaccino. Una copertura totale si ottiene dopo tre dosi».
Qualcuno sostiene che il virus dell’aviaria umanizzato sarà diverso da quello dei polli e solo allora si potrà fare un vaccino ad hoc.
«Il nostro vaccino protegge contro i ceppi del virus oggi presenti nel Sud Est Asiatico e che circolano anche da noi grazie alla migrazione. Noi lo prepariamo con un adiuvante forte, l’MF59, per potenziare la risposta immunitaria anche contro i ceppi futuri».
Dunque lei pensa che la pandemia non sarà imminente?
«Nessuno di noi ha la sfera di cristallo. La presenza in qualche pollastro rumeno del virus vuol dire solo che dobbiamo stare attenti è il rischio della globalizzazione. Ma la Sars ci ha già insegnato qualcosa e se in Europa lavoriamo bene, rispettando le condizioni igieniche e isolando i focolai, non è detto che il virus riesca ad adeguarsi all’uomo. Non subito. Dunque non dobbiamo gridare al catastrofismo».
Però il Oriente c’è gente che è morta.
«Nel Sud Est Asiatico la gente convive con un numero sproporzionato di polli. E nonostante questa promiscuità con animali infetti la gente contagiata è relativamente limitata: circa 120 persone in diversi anni».
Ipotizziamo che scatti la pandemia domani. Voi siete pronti a distribuire il vaccino?
«Servono almeno tre mesi per produrre il vaccino. Però stiamo studiando il modo di accorciare i tempi. Fino ad ora servivano milioni di uova dove far crescere il virus. Ora vorremmo sostituirle con una linea di cellule di origine canina.

In questo modo i tempi si accorciano di un mese».
La Commissione Ue consiglia di vaccinarsi contro l’influenza stagionale.
«Le vaccinazioni sono sempre utili. Ma sia chiaro: il vaccino stagionale non protegge contro la pandemia».

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