L’Aquila riapre. Letta: «È come dopo la guerra»

RomaIl Duomo e la sua piazza, il cuore dell’Aquila, spunta quasi all’improvviso, palpitante e ancora ferito. Appare dopo un contorto percorso tra siepi di reti arancioni, dopo un viaggio sotto il fitto reticolo di tubi Innocenti che parte dalla Villa Comunale e arriva in piazza. Cinquanta persone alla volta e solo per qualche ora al giorno. Eppure, a due e mesi e mezzo dal terremoto, è già qualcosa. Anzi, simbolicamente, è tutto.
Non è il giorno delle proteste, è quello del sole e delle speranze. «Nessuno studente abruzzese perderà l’anno», annuncia il ministro Mariastella Gelmini. Gianni Letta, abruzzese di Avezzano, è commosso e sente comunque il bisogno di elogiare pubblicamente il capo della Protezione civile. «È come dopo la guerra, anche qui ci sarà il miracolo della ricostruzione. Le critiche che gli sono state mosse sono ingiuste e ingenerose - dice il sottosegretario alla presidenza -. Anche perché c’è una cosa che io credo non si possa assolutamente contestare, e cioè l’impegno con il quale il governo ha fatto fronte alle emergenze del primo momento e alla seconda fase, quella della ricostruzione. Insomma, uno come Guido Bertolaso vi consiglio di tenervelo caro».
Nei giorni scorsi mugugni, richieste di fondi e persino un sit-in davanti a Montecitorio. Adesso la riapertura simbolica del centro storico, accompagnata dai lavori per le case nuove, potrebbe segnare una svolta. Bertolaso resta al suo posto: «Il mio mandato scade con la consegna delle chiavi delle prime abitazioni, entro la fine del 2009». Intanto vuole continuare «a fare il mio dovere e il mio mestiere, che è quello di stare vicino alla gente che ha dei problemi». È anche quello di non raccontare balle, o di alimentare illusioni: «Non voglio prendere in giro nessuno. Per restituire il centro storico agli aquilani cinque anni forse non saranno sufficienti».
E ognuno, spiega, dovrà fare la propria parte, senza confusione di ruoli. «Tutte le attività di ricostruzione - puntualizza il capo della Protezione civile - devono essere portate avanti dagli enti locali. Da questo punto di vista vorrei essere molto chiaro: io non sono il commissario della ricostruzione, sono il commissario per l’emergenza. I commissari per la ricostruzione sono i rappresentanti eletti di questo territorio e se ne dovranno assumere la responsabilità». Conclude con «un messaggio bello e chiaro: stiamo facendo di tutto per far tornare alla normalità una città così bella e per restituire agli aquilani il loro patrimonio artistico».
Alle tredici si pranza nella frazione di Tempera, sotto la tenda: ravioli, pollo, insalata, Trebbiano d’Abruzzo. A Letta e Bertolaso si uniscono questore, prefetto e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ma non il sindaco dell’Aquila e nemmeno il presidente della Provincia. La polemica durerà ancora. Nel pomeriggio Letta visita il centro devastato di Tempera - «sono molo colpito» -, poi fa un salto nel cantiere di Bazzano, quello più avanti tra i venti comprensori dove sorgeranno le nuove 450 case antisismiche. La tappa successiva è a Coppito, dove nella scuola sottufficiali della Guardia di Finanza si è installato il quartier generale della Protezione civile, il Dicomac, e dove tra poco meno di un mese si terrà il vertice del G8. Letta controlla i lavori per gli appartamenti e le altre strutture e torna a Roma.
In Abruzzo resta qualche preoccupazione. Dice Stefania Pezzopane, presidente della Provincia. «Oggi è una bella giornata. Gli sforzi fatti per farci arrivare fino in piazza Duomo devono essere ripagati con sostanziosi interventi pari se non superiori a quelli messi in atto per i nuovi moduli abitativi in costruzione». Non solo case nuove.

«La vera emergenza - insiste la Pezzopane - ora è la riapertura del centro storico dell’Aquila e delle altre città toccate dal terremoto. Questa riapertura simbolica deve rimandare a un altro appuntamento a breve. Va bene anche una strada alla volta, non pretendiamo miracoli, ma che si cominci».

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