da Milano
Questo taglio non sha da fare. LArabia Saudita esce allo scoperto, bocciando lipotesi di unulteriore riduzione di 500mila barili al giorno allo scopo di arginare la caduta dei prezzi e giudicando non necessaria la convocazione di un meeting straordinario. Presa di posizione assai dura, quella assunta ieri dal primo produttore mondiale di greggio (oltre 10 milioni di barili al giorno), capace col suo peso di condizionare i mercati. Dunque, impossibile da ignorare: le quotazioni del greggio hanno infatti perso oltre il 3% fino a scivolare in chiusura a New York a 51,21 dollari, il punto più basso degli ultimi 20 mesi. È lennesimo capitolo di un romanzo a tinte forti di cui non è stato ancora scritto il finale, comunque prevedibile se allinterno del Cartello lalto tasso di litigiosità e il palese scollamento nelle scelte strategiche continueranno a essere i tratti distintivi. Riad, ieri, ha solo reso trasparente una spaccatura nellaria da giorni tra i Paesi Opec, condita da ripetuti cortocircuiti nella comunicazione, con annunci di intese mai realizzate cui hanno fatto seguito inevitabili smentite. Sarebbe servito, al contrario, un segnale forte e chiaro ai mercati, capace di fugare dubbi e diffidenze crescenti. Già colpiti dallinsolita mitezza delle temperature, i prezzi petroliferi stanno infatti scontando anche le perplessità degli operatori sulleffettiva osservanza del contenimento produttivo di 1,2 milioni di barili al giorno deciso a Doha nellottobre scorso e operativo da novembre, mentre dal prossimo febbraio dovrebbe scattarne un altro da mezzo milione. Per i sauditi, tanto basta. «In questo momento - ha dichiarato ieri il ministro del Petrolio, Ali al-Naimi -, sulla base delle condizioni dei mercati, non sono necessari (altri tagli)»; così come non occorre un vertice straordinario perché «i fondamentali sono ben più solidi di quelli della riunione di Doha». Accusata spesso di essere eccessivamente filo-occidentale e soprattutto prona ai desiderata Usa, Riad rimanda ogni eventuale decisione al summit ufficiale di marzo a Vienna. E, in modo altrettanto chiaro, rende palesi le tensioni allinterno del Cartello, dove i falchi capeggiati da Algeria, Libia, Nigeria e Venezuela premevano per intervenire ancora sui livelli produttivi. Al tirar delle somme, lOpec ha finito per perdere unaltra fetta della propria credibilità. E altri introiti. Chi invece ci guadagna sono i Paesi industrializzati più dipendenti dai pozzi. Come lItalia.
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