Milano festeggia lottantesimo compleanno di Vittorio Gregotti (Novara 1927), «architetto globale», e lo fa in grande stile con tre avvenimenti che coinvolgono la città, dal centro alla periferia. Professore di Composizione architettonica e direttore da Edilizia Moderna, Rassegna, fino a Casabella ha sempre scritto numerosi volumi in materia.
Una mostra alla Galleria Jannone, due lotti alla Bicocca terminati e il totale ripristino del Corriere della Sera, sia per la parte vecchia, quella progettata da Luca Beltrami tra Ottocento e Novecento e quella «nuova» che riguarda le ex rotative disegnate dallo Studio Ponti-Rosselli che danno su piazza San Marco e via Moscova, nonché la Gazzetta dello Sport. Il tutto corollato da un libro edito da Skira di un centinaio di pagine con immagini e disegni a colori sulledificio con contributi di storici dellarchitettura come Ornella Selvafolta, Michela De Stefanis, Paolo Di Stefano, Claudia Conforti e dello stesso Gregotti, con prefazione di Piergaetano Marchetti, presidente di RCS Media Group e del direttore della testata de Il Corriere, Paolo Mieli che loda il lavoro compiuto da Gregotti perché ha saputo restituire la trasparenza di una sede storica come quella di via Solferino così come la creazione delle sale dedicate a Dino Buzzati e a Indro Montanelli.
«La fine degli anni Ottanta è anche la fine del disegno di architettura: almeno così come noi lo abbiamo conosciuto da Villard de Honnecourt sino ai nostri giorni. Nostri, intendo della mia generazione, con tutti i rinnovamenti figurativi e la predilezione nelle proiezioni geometriche proposte nella modernità», racconta il professor Gregotti. Per questo motivo la mostra dei disegni «Vittorio Gregotti, architetture 1970-1990» esposti da marcoledì al 27 ottobre in Corso Garibaldi 125, vuole parlare di quegli anni, senza nostalgie, con la chiara coscienza di tutto ciò che il disegno a macchina ci ha fatto guadagnare ma anche porre la questione di tutto ciò che è andato perduto o si è trasferito al di fuori del progetto architettura.
«La scelta dei progetti di quegli anni, bisogna confessarlo, piuttosto casuale - prosegue Gregotti - connessa ai resti disordinati del nostro archivio ed alle preferenze dettate dallo sguardo di oggi sulle qualità presunte dei disegni, ma anche alla loro continuità figurativa che, al di là delle diverse bravissime mani che li hanno costruiti, si mantiene riconoscibile». In mostra si possono ammirare nellultima produzione a penna di grande e medio formato a colori e in bianco e nero anche una cinquantina di schizzi personali dellautore, semplici annotazioni senza alcuna pretesa, «ma a cui il tempo trascorso può avere attribuito un qualche interesse testimoniale». Progetti e lucidi comprendono realizzazioni e progetti di Cosenza, Cefalù, Jeddah, Milano, San Marino, Roma, Barcellona, Genova, Vicenza, Lisbona, Parigi, Ucraina, Amburgo, Londra, Rimini, Venezia, Berlino, Napoli, Brescia, Kenya...
Per quanto riguarda la Bicocca mancano solo due edifici: luniversità che si distingue sempre dal rosso delle facciate, per 22 mila metri quadrati complessivamente. Al posto di dove andava lIstituto Besta sta sorgendo un edificio per la società Pirelli, uffici, verso larea Nord, circa un 30mila metri quadrati rivestito di grandi ceramiche grigie e parecchio ferro.
Contrariamente al polo universitario della Bicocca che si distingue per la sua tipologia rossa, per il Corriere della Sera Gregotti ha scelto il giallo riconducendo tutto alle origini legando strutture interne ed esterne degli edifici, un intervento di riqualificazione tutto da reinterpretare con pietra a vista coordinando edifici a cortili a nuove trasparenze fatte di vetri. «Compito dellarchitettura è di produrre unipotesi di ordine, di non ritrarre il caos che ci circonda.
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