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L’arma, il luogo e il movente tutte le domande senza risposta

L’arma, il luogo e il movente tutte le domande senza risposta

nostro inviato a Brescia
Un’auto viaggia sulla statale 42: direzione nord, verso le montagne, verso la Val Camonica, dove la provincia di Brescia incontra quella di Bergamo. È un’auto blu. C’è una persona che guida e due cadaveri. Supera Darfo Boario, Badetto, Capo di Ponte, Sellero, Cedegolo; supera anche Berzo Demo poi svolta a sinistra. È la provinciale 592, porta al passo del Vivione. Il sentiero è stretto. L’auto si ferma in cima, a 1.600 metri. Lì saranno trovati i corpi martoriati: mani, gambe, piedi. Le certezze di questo giallo sono poche e tra queste ci sono i brandelli fuoriusciti dai sacchi neri lanciati nel burrone. Bisogna capire quando sono stati uccisi Aldo e Luisa Donegani. Quando e come. Perché quei signori trasportati da morti verso un cimitero improvvisato, l’assassino li avrebbe uccisi prima. Strangolati, forse. Oppure accoltellati. O con una pistola. Qualcuno dei testimoni dice di aver visto la coppia sul lago d’Iseo. Non erano da soli: c’era anche Guglielmo Gatti. Poi vicino alle montagne Guglielmo c’era ancora e gli zii no. Sono testimonianze che non chiariscono alcuni dei buchi neri di questa vicenda. Perché se fosse stato il nipote a ucciderli, quando li avrebbe fatti a pezzi? Prima di partire verso la montagna o lì dove li ha gettati miseramente? Gli indizi sono le cesoie trovate sulla pendice del passo del Vivione. I soccorritori che si sono calati nel burrone dicono che sembravano appena acquistate. «Erano nuove, si vedeva». Una è sporca di sangue. Poi c’è il barattolo di acqua ossigenata, usata per lavare le lame dal sangue. Elementi. Solo elementi che non spiegano la dinamica, i tempi e i modi di questo macabro omicidio. E quella macchina? Se l’assassino ha trucidato i cadaveri prima, forse nell’auto c’è qualche prova. L’automobile di Guglielmo Gatti adesso è in mano ai carabinieri. L’hanno ispezionata? L’hanno controllata? È blu, questo è sicuro.
È una delle poche certezze. Per il resto il caso dei Donegani è un mistero fitto. Nel dirupo del passo del Vivione sarebbe stato trovato un sacchetto da supermercato, con dentro delle verdure. Lì ci sarebbe un altro indizio: lo scontrino adesivo attaccato sul cellophane trasparente è datato 30 luglio. Sono stati uccisi quel giorno? Se avevano fatto la spesa perché non l’hanno riportata a casa? Forse volevano trascorrere il week-end ad Aprica e quel cibo acquistato serviva per il sabato e la domenica. Ma se così fosse stato perché allora avevano lasciato il pentolino con un pasto pronto nel forno della casa di Brescia? E poi Aldo e Luisa avevano appuntamento con l’altro nipote, il carabiniere che arrivava a Brescia da Castelfidardo il giorno dopo.
Nella casa di montagna comunque ci sono andati gli inquirenti. Non si sa che cosa sia stato preso, come non si sa che cosa sia stato trovato nell’abitazione di via Ugolini, dove vive il nipote dei Donegani. Altro mistero. Come l’ipotesi di un eventuale complice. Domande: un uomo da solo può uccidere e massacrare barbaramente due persone? È possibile che qualcuno l’abbia coperto, che abbia aiutato il killer nell’omicidio o anche nella parte successiva, la più feroce? Le risposte si intrecciano con quelle sul luogo del delitto. Perché se l’assassino ha ucciso in un luogo lontano dalle montagne, forse potrebbe aver avuto un appoggio.
Manca il luogo, la data, l’arma, il potenziale complice. Ma in quest’inchiesta con pochi punti fermi, manca soprattutto il principale. Il perché. Perché massacrare Aldo e Luisa, perché ucciderli con tanta cattiveria, tagliando i loro corpi, lanciandoli in un burrone? Uno psichiatra avrebbe assistito agli interrogatori di Guglielmo. Ma Guglielmo non ha parlato. E se non parla è difficile capire che cosa pensi, che cosa, se è stato lui a squartare gli zii, l’ha spinto a farlo. Soldi? Testamento? Voci per il momento. Voci come quelle del suo odio per chi non rispettava il suo dolore, la tristezza di un uomo che a 41 anni si ritrova solo, senza la mamma e senza il papà. Un uomo che vede negli occhi degli altri la voglia di divertirsi e non lo sopporta più. Supposizione.

Una delle tante per cercare di trovare una soluzione al giallo dei gialli, quel chiuso nella mente del killer.

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