«L’arma vincente è la prevenzione»

L'unica vera arma contro il tumore al collo dell'utero è la prevenzione che, tradotta in pratica, vuol dire pap test, Hpv test e oggi anche vaccinazione. E una scelta non deve essere in contrasto con l'altra, anzi. Mario Sideri, responsabile dell'unità di ginecologia preventiva dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, non ha dubbi e non è sorpreso dall'ultima nota dell'Emea. Può esserci un nesso tra il decesso delle donne e la vaccinazione contro il papilloma virus? «Non credo che ci siano relazioni, forse si è trattato di ragazze adulte, cioè in quel range di età in cui esiste, anche se modesta, della mortalità spontanea. Casi simili si sono verificati anche nel corso della sperimentazione del vaccino condotto su 20mila donne, al 50% delle quali è stato somministrato il siero e all'altro 50% un placebo: in entrambi i gruppi si sono registrati dei decessi, 4/5 se ben mi ricordo, riconducibili alla mortalità spontanea». Finora però ce la siamo cavata abbastanza bene con il pap test. «Prima - aggiunge l’esperto - non c'era nessuna arma a disposizione per combattere questo tipo di tumore e il pap test è stato essenziale per ridurre in modo significativo il numero dei casi. Ma in Italia se ne fanno nove milioni all'anno quando dovrebbero essere più del doppio.

Le donne dovrebbero controllarsi con grande regolarità ogni tre anni dai 26 ai 65 anni, una lunga trafila quando con la vaccinazione, cioè con tre punture, sono protette almeno per un certo numero di anni». E dopo? «Gli studi sono stati limitati nel tempo. Dovrebbe essere sufficiente l'Hpv test, a ogni buon conto la ricerca va avanti».

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