L’Asl promuove il Pio Albergo Trivulzio

Visto da fuori non è niente male. Ma lo è pure dentro, il Pio Albergo Trivulzio. Valutazione firmata dall’Asl-città di Milano che, in data 31 luglio, ispeziona in lungo e in largo il Pat. Sopralluogo «a seguito delle gravi carenze evidenziate da un articolo apparso su Repubblica» annotano nell’oggetto del verbale i dirigenti del servizio vigilanza e accreditamento dell’Asl.
Cinque e più ore di controllo, con tanto di partecipazione dei Nas (nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri), che non trovano niente fuori posto. Sì, avete letto bene non c’è traccia delle «gravi carenze evidenziate da un articolo di Repubblica». «Quotidiano che, senza forse, riceverà presto una querela da parte dei nostri legali» chiosa il professor Emilio Trabucchi, presidente del Pat.
Ma a parte il ricorso alle vie legali, quel che sta a cuore a Trabucchi e ai dirigenti sanitari della struttura di via Trivulzio è, soprattutto, «l’attacco contro una struttura d’eccellenza della sanità lombarda»: già, il Pat è un modello esportato in tutt’Italia con il suo Hospice e i suoi servizi sempre più richiesti e aperti anche al territorio.
Modello di «azienda di servizi alla persona» dove, l’Asl, smonta quel titolone di troppo su Repubblica: «Caldo, topi e immondizia». «È stato rilevato» scrivono Alfredo Tancredi, Luigi Scoglio, Laura Lanfredini e Carla Gaddi - tutti in forza all’Asl - che «tutti i reparti visionati sono dotati di condizionamento funzionante; non si è rilevata la presenza di cavi elettrici scoperti o liberi; i campanelli di chiamata sono funzionanti; nei reparti non c’è cattivo odore». Ma, attenzione, l’Asl che già effettua sopralluoghi a campione - e due-volte-due l’anno controlla tutte le cartelle sanitarie - segnala che «gli ambienti di vita degli ospiti/pazienti (camere e balconi di pertinenza, corridoi, bagni, soggiorni/pranzo, palestrine di piano, effetti letterecci) si presentano in buone condizioni sia di pulizia che di manutenzione». Come dire: il Trivulzio è «regno del degrado e dell’abbandono solo per le pagine di Repubblica» commentano con amarezza i sindacati.
Anche loro «colpiti», come i vertici del Pat, da un attacco «inspiegabile e senza precedenti, dove si vagheggia di “cortili sporchi, aria condizionata guasta” e, persino, “di metri di fili scoperti in un reparto”». E per restare sempre in tema di «elettricità», l’Asl rimarca che «due camere del reparto Piatti e del laboratorio Analisi sono dotati di due gruppi di continuità elettrica con autonomia di circa tre ore»: dotazione che «non è richiesta per legge».
Naturalmente, continua il report dell’Asl - accompagnata dai Nas nel suo sopralluogo - «l’impianto di erogazione dell’ossigeno funziona indipendentemente dall’energia elettrica in quanto distribuito grazie alla pressione dell’impianto» e ogni «interruzione di corrente elettrica per interventi manutentivi» - al contrario di quanto sostenuto sulle colonne del quotidiano di piazza Indipendenza - è «comunicata» anticipatamente.


Che aggiungere? Che un rilievo dei Nas esiste: quello del «mancato rispetto delle norme antifumo» ovvero il Pat è colpevole per «non aver apposto in posizione visibile i cartelli riproducenti la norma». In quanti reparti? Al Ronzoni, piano terzo del padiglione 11. Ma Repubblica non se ne era accorta.

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