L’assalto al Campidoglio

RomaIl primo è stato Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Campidoglio. A lui è toccato rompere il ghiaccio passando armi e bagagli a Futuro e libertà. «Ritengo naturale la mia futura adesione a Fli, che avverrà non senza un confronto sereno con il mio sindaco, col quale ritengo giusto e doveroso valutare tutti gli aspetti e le implicazioni di una tale decisione», ha spiegato cauto l’ineffabile assessore che guarda a destra ma piace anche a sinistra. Un trasloco doloroso ma in fondo ancora sopportabile per la giunta Alemanno per una serie di motivi che qui elenchiamo. Uno: perché Croppi ha minimizzato il danno ribadendo più volte la sua fedeltà al sindaco. Il quale peraltro ha mostrato di ricambiare: «Croppi è una persona esperta e competente, i partiti non c’entrano». Due: perché Croppi è un irregolare per dna e trasversale per vizio, avvezzo ai percorsi politicamente zigzaganti: uscì dall’Msi per andare alla Rete di Leoluca Orlando, poi ebbe una breve esperienza tra i Verdi per poi rientrare nell’alveo del centrodestra. Tre, e più importante: perché l’assessore non è un consigliere comunale eletto: e quindi non si pone al momento il problema della creazione di un gruppo «futurista» nell’aula Giulio Cesare.
Ma per Alemanno è l’inizio di una lunga serie di notti insonni. Gianfranco Fini infatti sembra intenzionato a un’offensiva pesante in quella che è la sua città di adozione e che ha sempre rappresentato il teatro delle sue principali sfide politiche, a partire da quella candidatura a sindaco di Roma nell’autunno del 1993 che - malgrado la sconfitta onorevole per mano di Francesco Rutelli - rappresentò una sorta di sdoganamento nella nascente Seconda Repubblica, con tanto di imprimatur di un Silvio Berlusconi che dichiarando pubblicamente che avrebbe votato per lui se fosse stato un elettore capitolino, dette il primo segnale della sua prossima discesa in campo in politica e della futura alleanza.
Giorni lontani. Oggi Fini vuole sbarcare con l’artiglieria pesante nell’agone politico capitolino non solo per il significato che questo avrebbe nella città da sempre laboratorio del centrodestra, ma anche per punire Gianni Alemanno, uno dei colonnelli che a suo modo di pensare lo avrebbero tradito non seguendolo nel suo divorzio dal Pdl, preferendo la «mamma» Berlusconi. La vendetta è un piatto che va servito freddo ma non troppo: entro fine anno dovrebbe nascere il gruppo consiliare che potrebbe azzoppare l’anatra Alemanno, che già non esibisce negli ultimi tempi un passo spedito. Fini avrebbe più volte rinviato la sua irruzione in Campidoglio in attesa di un rimpasto di giunta mai arrivato, e avrebbe poi rotto gli indugi, dandosi come scadenza il 31 dicembre. Già a fine novembre le componenti futuriste dovrebbero fare la conta e poi incontrare Fini per un punto della situazione.

Tra i più in odore di tradimento, l’immunologo Ferdinando Aiuti e gli esponenti del cosiddetto Laboratorio Roma: un pugno di consiglieri che più di una volta hanno votato in consiglio in maniera eterodossa rispetto alle indicazioni della scuderia-Pdl. Aiuti nega decisamente («ribadisco la mia fedeltà ad Alemanno») ma si sa quanto queste rassicurazioni lasciano il tempo che trovano nel teatrino della politica. E il Campidoglio traballa.

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