da Roma
Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini mostrano i muscoli. Rilanciano un’alleanza simile al vecchio asse An-Udc del primo triennio del governo Berlusconi, il cosiddetto sub-governo. E fanno squadra per resistere all’onda d’urto del nuovo progetto «di popolo» del presidente azzurro.
Il rendez-vous tra i due leader della ex Casa delle libertà avviene nella dimora romana di Casini. Un incontro riservato da cui esce una dura nota congiunta rivolta al Cavaliere: «Serve un progetto - dicono i due - basta con il populismo. La gravità della situazione italiana impone di elaborare progetti che nulla hanno a che fare con l’improvvisazione propagandistica né con estemporanee sortite populistiche».
Ma questo è soltanto il primo atto di un caldo pomeriggio in cui, a uscire allo scoperto e a imbracciare la spada, è soprattutto Casini, ovvero colui che fino a qualche giorno fa era stato individuato come il possibile tessitore della trama della pace tra Berlusconi e Fini. «Essere moderati non vuol dire essere né succubi né conigli, possiamo essere anche leoni. Ormai in questo Paese - dice il leader Udc - si fa solo propaganda. E anche chi fa gli errori pensa che questi vengano dimenticati per una buona propaganda». E non basta. Casini insiste nel suo affondo: «Quando Berlusconi arriva al 101% ci avverta», dice ribattendo al Cavaliere e alla sua battuta: «A loro il progetto, a noi i voti». Quindi il leader dell’Udc avverte: «Berlusconi ha fondato un nuovo partito dal tetto di una macchina e oggi corre il rischio che, invece di aggiungere qualcuno al suo progetto, ne perda qualcun altro. Ho letto ad esempio di Ferdinando Adornato che ha deciso di non aderire al nuovo partito. Del resto si pone un problema di metodo, siamo di fronte a una cosa di sostanza. Non si può apprendere che sta per essere lanciato un nuovo partito dai giornali, le cose vanno concordate prima», sottolinea Casini.
Il leader dell’Udc è un fiume in piena. E si lancia in una critica frontale alla nuova strategia berlusconiana. «Con il populismo non si va da nessuna parte. Io e Fini siamo convinti che è il momento di fare un esame di coscienza. Rinviarli e far finta che questa situazione non si sia determinata per una catena di errori è una fuga dalla realtà. È veramente singolare - spiega il leader Udc - che dopo aver commesso tanti errori ci si proponga di risolvere con la bacchetta magica i problemi del centrodestra». L’ex presidente della Camera comunque sottolinea che «parlerà con tutti», anche con «Bossi e Berlusconi» ma, afferma, «i moderati italiani hanno bisogno di serietà, di lavoro concreto». Un incontro con Veltroni? «Li ho visti tutti, non ho bisogno di incontrare nessuno, tanto anche i sassi sanno che io voglio il sistema proporzionale» conclude Casini. L’ultima battuta è per il presunto rilancio di una santa alleanza con il leader di An. «Tra me e Fini non c’è nessun asse, non c’è ne bisogno. C’è un grande rispetto tra Fini e il sottoscritto. Abbiamo idee anche diverse sulla riforma costituzionale ma siamo entrambi convinti che nella politica italiana serva serietà». L’unico spiraglio è quello che Casini apre sulla Gentiloni, una riforma che non deve essere punitiva «verso qualcosa o qualcuno», ferma restando la necessità di una privatizzazione della Rai. In serata l’ultima postilla arriva dal segretario Udc, Lorenzo Cesa: «Dall’incontro tra Fini e Casini è emersa una condivisione, un modo di fare opposizione. La battuta di Berlusconi? Mi sembra una provocazione gratuita soprattutto nei confronti di Fini. Vedremo alle elezioni». Sul fronte di An, invece, c’è maggiore disponibilità a tentare di gettare acqua sul fuoco. E Domenico Nania prova a vestire l’abito del pompiere.
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