Gentile dottor Granzotto, dopo le esternazioni di Lapo Elkann sono arrivate, vedi lintervista pubblicata dal Giornale, quelle di Emanuele Filiberto di Savoia. E se il primo aveva da ridire sulla sua mamma, il secondo se la prendeva con la zia Maria Gabriella. Pur riconoscendo che il tono di Emanuele Filiberto era garbato, una volta i panni sporchi non venivano lavati in famiglia? Il farlo sulla piazza mediatica non è un ulteriore segno, come accennava la lettrice Bentivoglio della quale sottoscrivo ogni parola, del progressivo sfacelo della famiglia, istituzione di base della società?
Mi auguro di no, gentile lettrice. Però le interviste alle quali lei si riferisce, interviste rilasciate da due personaggi che per un verso o per laltro hanno acquisito una certa «visibilità» e che quindi dispongono del potere di suggestione, non laiutano di certo, la famiglia. I giudizi che il giovine principe riserva alla zia non hanno la durezza e linclemenza di quelle che il giovane Elkann riservò alla madre, questo è vero. Ed anzi, nelle parole di Emanuele Filiberto emerge un attaccamento alla storia e alle tradizioni di Casa Savoia che certamente gli fanno onore. Ma deplorare liniziativa di Maria Gabriella che per far fronte alle tasse di successione ha messo allasta una parte delleredità di Maria Josè mi pare un voler ciurlare nel manico. Alla morte della madre, Vittorio Emanuele non vendette in quattro e quattrotto la villa di Merlinge e i suoi trenta ettari di parco? Villa nella quale la regina aveva vissuto per quasi tutti gli anni dellesilio? Carica quindi di ricordi e di testimonianze?
Cè un passo dellintervista che mi ha lasciato perplesso, quando Emanuele Filiberto annuncia che papà e mamma avrebbero partecipato allasta per recuperare alcuni pezzi che a loro dire rappresentano un valore storico per Casa Savoia. Iniziativa assai nobile, ma perché non ci hanno pensato prima? Come sappiamo, come il giovane principe ha spiegato, alla morte di Maria Josè il padre commissionò ad una società svizzera la valutazione dei beni ereditari e la stima fu talmente bassa che, appellandosi al beneficio di inventario, decise di non entrarne in possesso.
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