L’astensione di sinistra come un voto al Pdl

L’astensione di sinistra come un voto al Pdl

(...) sono sfortunato, però non mi è mai, dico mai, capitato.
Ecco, a partire da questa considerazione, credo che la campagna elettorale per le regionali si giochi tutta a Genova, in città. Perchè fra quegli scontenti - soprattutto a ponente, in Valpolcevera, in Valbisagno e fra Lagaccio e Oregina - ci sono tantissimi elettori di sinistra. Persone che, fino a pochi anni fa, votavano a scatola chiusa qualsiasi cosa venisse proposta loro dal partito. Dove il partito era uno e uno solo e non era possibile avere altro partito al di fuori di quello, come un undicesimo comandamento. Ora, invece, le cose sono cambiate. Quasi un miracolo genovese, con Marta nella parte dell’autrice. E ci sono migliaia di elettori che non sembrano più disposti a votare a scatola chiusa le proposte della sinistra, fossero pure quelle di Claudio Burlando, che pure non si può proprio considerare un vincenziano doc, per usare un eufemismo.
Penso che sia a quel mondo che deve rivolgersi Sandro Biasotti. Non tanto per convincerli a votare per lui: la proposta di voto disgiunto fra liste e presidente - chessò Udc e Biasotti - è già stata un clamoroso flop nel 2005 e, storicamente, non ha mai avuto successo. Persino il massimo storico raggiunto da Leoluca Orlando a Palermo qualche anno fa, non gli ha permesso in alcun modo di essere eletto.
Per di più il Biasotti di oggi, essendo deputato del Pdl, è molto depotenziato nella sua figura di indipendente che può affascinare anche elettori di sinistra. Quel momento lì, c’è stato, ma è ormai passato. Non è certo quello il mondo in cui Sandro può fare il botto. Quindi, credetemi, abbandoniamo l’idea affascinante, ma abbastanza utopica, di voto disgiunto (e il discorso vale per Biasotti oggi, come per Musso alle prossime comunali) e concentriamoci piuttosto su un’altra categoria. Quelli di sinistra che non andranno a votare.
La partita genovese - che poi è la partita decisiva per la regione, almeno a giudicare dalla grande preponderanza di elettori in città rispetto a quelli della provincia di Genova e di Savona, Imperia e La Spezia - a mio parere, si giocherà tutta lì, sull’astensionismo che ha cambiato pelle. Un tempo, chi non andava a votare erano soprattutto elettori del centrodestra, quelli delle seconde case, del week-end lungo e del voto come noia, al massimo come dovere civico con il naso turato. Mai come piacere e senso di appartenenza, sviluppatosi con Berlusconi.
Ora, invece, l’astensionismo è fatto in gran parte di delusi dalla sinistra e, nella fattispecie specifica di Genova, di delusi dalla Marta. Sono quelli lì che bisogna mandare al mare (o in montagna, dipende dal tempo) il 28 e il 29 marzo, senza nemmeno convincerli a votare tutto quello che, in qualche modo, sa di Berlusconi. È tempo perso, non lo faranno mai. Berlusconi non lo sopportano e non lo sopporteranno. E, anzi, si rischia di ricompattarli in nome dell’antiberlusconismo, come ha dimostrato il voto del ballottaggio alle provinciali, quando la visita del Cav a Sestri Ponente è stata probabilmente l’arma segreta che ha portato alla vittoria di Alessandro Repetto.


Potrà non piacere, potrà essere brutto, ma è così.
Quindi, il piano B. Quindi, puntare sulle astensioni dei delusi vincenziani. Ogni astensione di sinistra è mezzo voto per Biasotti. Chi si accontenta, di solito, gode.

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