L’attacco di Napolitano alle toghe: «Dannoso il protagonismo dei Pm»

RomaGiorgio Napolitano è preoccupato. Il capo dello Stato, che presiede il Csm, ha voluto intervenire a una seduta straordinaria del plenum di palazzo de’ Marescialli per lanciare un monito pesante: di fronte alla «crisi di fiducia» nel Paese verso la giustizia è ora che la magistratura faccia autocritica. E che l’organo di autogoverno delle toghe eviti di assumere «ruoli impropri», invadendo le competenze della politica. Sì anche alle annunciate riforme costituzionali, a patto di evitare «strappi».
Il casus belli è la bozza della circolare della VII Commissione del Csm sui nuovi rapporti tra capi delle Procure e sostituti. La riforma prima Castelli e poi Mastella ha attribuito infatti più poteri ai vertici, ma tra le toghe le resistenze sono forti. L’assemblea doveva discutere la bozza il 7 maggio, ma è arrivato lo stop del Quirinale. Troppi limiti, sostengono le voci critiche, alle prerogative dei capi, alla faccia della nuova legge. Sullo sfondo c’è l’ultimo caso clamoroso: quello dei contrasti a Napoli tra il procuratore Giandomenico Lepore e i Pm titolari dell’inchiesta sui rifiuti. Ma di precedenti ce ne sono tanti, basti pensare al caso De Magistris e agli scontri tra Procure di Salerno e Catanzaro.
Tensioni «ricorrenti», sottolinea il Presidente, che possono nuocere alla «credibilità» della magistratura, al suo «prestigio». A Napolitano, evidentemente, non è piaciuto come Palazzo de’ Marescialli voleva affrontare questi problemi. Richiama il Csm ai suoi obblighi di «rigore, misura, obbiettività e imparzialità». Sottolinea che deve esercitare le sue funzioni «senza farsi condizionare da logiche di appartenenza correntizia». E afferma che per superare i contrasti interni un «rimedio» importante è nel nuovo ruolo di vigilanza dei Procuratori generali.
L’avvertimenti è chiaro, l’assemblea non può ignorarlo. Nel suo intervento finale il vicepresidente Nicola Mancino, si schiera accanto a Napolitano e riferendosi alla discussa circolare chiede: «Non si corre il rischio di mettere sotto tutela i capi degli uffici requirenti?». Per il laico del Pdl Gianfranco Anedda il Consiglio vorrebbe imporre ai Procuratori di «giustificare ogni loro decisione», a partire dalle revoche di un incarico. Michele Saponara commenta: «Quella di Napolitano è una diffida al Csm, coraggiosa e opportuna per arginarne l’attivismo». Anche i togati di Magistratura indipendente sono critici verso il documento bloccato. La questione, spiega Antonio Patrono, è se i 2000 Pm italiani debbano essere assolutamente liberi e senza controllo o se debbano sottoporre le loro iniziative ai capi delle 165 Procure.
D’altronde, afferma Napolitano, i ruoli di giudice e di Pm nella Costituzione non sono uguali. Autonomia e indipendenza per ambedue, ma a differenza del primo le garanzie per il secondo riguardano l’ufficio nel suo complesso, non il singolo. Basta, dunque, con i timori di «gerarchizzazione» delle Procure e basta con il dannoso «protagonismo» dei Pm. Sono sferzate. Alle quali rispondono con la bandiera dell’indipendenza e dell’autonomia delle toghe esponenti da Magistratura democratica. «Lo spirito dell’intervento del Csm è ampiamente condiviso. Non cerchiamo forzature né invasioni di campo», assicura Livio Pepino. «Nessuno vuole fare del Procuratore una figura puramente simbolica, ma ogni magistrato è sottoposto solo alla legge», dice il laico del Pd Vincenzo Siniscalchi. Nella VII Commissione sostengono che forse tutto è nato da un equivoco, che non c’era l’intenzione di interpretare la legge in modo troppo restrittivo, riguardo ai poteri del capo ufficio. Ma l’affondo del Quirinale è inequivocabile anche se l’Anm nega. E c’è un altro capitolo.

Mancino attacca la prassi generalizzata delle «pratiche a tutela» dei magistrati che subiscono critiche. L’ultima riguarda il giudice del processo Mills, Nicoletta Gandus. Sono troppe e ci vogliono regole che pongano limiti rigorosi, avverte. Entro giugno al Csm si deciderà anche su questa delicata questione.

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