L’attacco di panico «vola» nell’aria

L’attacco di panico è nell’aria. Soprattutto a Roma. Non è un’infausta previsione ma un dato di fatto. Il neurologo Rosario Sorrentino, infatti, ha scoperto la correlazione tra la concentrazione di anidride carbonica che si respira e il rischio di attacco di panico. «Spesso i miei pazienti hanno raccontato di aver avuto bisogno improvviso di aria - spiega Sorrentino, fondatore e direttore dell’Istituto ricerca e cura attacchi di panico (Ircap) di Roma - e ho avuto il sospetto che il loro disturbo fosse legato a ciò che si respira. Dopo aver condotto un’approfondita indagine sul territorio cittadino, abbiamo scoperto che sopra una certa concentrazione di Co2 (1.000 parti per milione) si rende necessario cambiare aria».
Questa teoria, nata e sviluppata da Sorrentino, è finalmente corredata di dati scientifici. Il neurologo ha infatti incaricato Livio De Santoli, Ordinario di Impianti Tecnici all’Università La Sapienza, di monitorare varie zone di Roma per rilevare il livello di anidride carbonica nell’aria. «Lo studio - precisa De Santoli - ha riguardato la Co2 emessa dal corpo umano, che va a sommarsi a quella già presente nell’aria». Ne è venuta fuori una mappa dei luoghi a rischio, che hanno caratteristiche comuni ben precise: sono affollati, poco ventilati e molto caldi. E un gran numero di zone di Roma corrisponde a questo identikit. Ma sono a rischio anche le banchine affollate e i vagoni della metropolitana, i treni dei pendolari e i bus, gli uffici pubblici e le aule scolastiche non ventilati. E il rischio cresce con l’arrivo della stagione calda, perché con l’aumento delle temperature gli attacchi diventano più frequenti. «Gli alti livelli di Co2 - spiega ancora De Santoli - possono causare anche problemi di apprendimento e di scarsa produttività. D’altronde, la normativa tecnica internazionale sancisce la non conformità lavorativa sopra le 1.000 parti per milione di anidride carbonica».
La situazione diventa ancora più problematica se aumenta il tempo di esposizione alla Co2. «Il vero fattore di rischio - dice Sorrentino - è la dose, ovvero la concentrazione moltiplicata per il tempo.

Più si permane in un luogo con alta concentrazione di Co2, più si va incontro a disturbi». Di fronte a queste notizie poco incoraggianti, c’è comunque una consolazione. «L’attacco di panico è curabile come altre patologie, soprattutto se si interviene precocemente».

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